la Repubblica, 28 aprile 2016
I nostri figli e i telefonini, galateo minimo in 6 punti
Ecco alcune regole sull’uso del telefonino, il minimo sindacale, da proporre con fermezza ai bambini e ai ragazzi sia pure con l’interiore consapevolezza che ogni sforzo sarà frustrato, eluso, oggetto di dileggio. È un esercizio quotidiano necessario, come la raccomandazione di lavarsi i denti e le ascelle prima di uscire. Loro non lo faranno, ma noi glielo abbiamo detto.
Nulla – ci si illude – resterà col tempo inascoltato. Sarà forse ricordato in forma postuma, come i proverbi della nonna. Va bene lo stesso. Partendo dalla più difficile in ordine decrescente.
1) Non si risponde al telefono durante una conversazione.
(Perché: ci si deve guardare negli occhi mentre si ascolta. Si deve inoltre aspettare la fine di ogni frase. Per esempio: “Metti l’acqua per la pasta con poco sale perché buttiamo i ravioli” è diverso da “metti l’acqua della pasta”. Però si può: sbirciare lo schermo per assicurarsi che non sia davvero urgente).
2) Per strada, camminando. Mai in cuffia. (Perché: non si sentono i rumori dei mezzi, non si avvertono i pericoli). Mai in chat (Perché: si inciampa, si sbatte, non si vede la prof che quel giorno non ti ha trovato in classe. Però si può: fermarsi).
3) A tavola no. Il telefono non è una posata. (Perché: si sta insieme a chi siede attorno. Però si può: tenerlo in tasca e allontanarsi chiedendo scusa).
4) Davanti alla tv, insieme ad altri, no. (Perché: avete deciso di vedere qualcosa insieme: è una scelta. Però si può: commentare sui social, condividendo ad alta voce).
5) Di notte. Mai la musica accesa in cuffia (Perché: anche il cervello deve riposare. Però si può: far finta di dimenticarlo, ma solo qualche volta).
6) Mai al cinema o a teatro, nemmeno se silenziato e in mezzo alle gambe. (Perché: la luce dello schermo si vede ovunque e disturba moltissimo gli altri. Però si può: restare a casa insieme al proprio telefono).