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 2016  febbraio 13 Sabato calendario

Tokyo chiude la peggior settimana dal crack Lehman

Non era mai successo dalla drammatica prima metà di ottobre del 2008 – poco dopo il fallimento Lehman Brothers – che la Borsa di Tokyo registrasse un crollo, su base settimanale come quello sancito ieri da un ulteriore tonfo del 4,8% del Nikkei: meno 11% per l’indice dei principali titoli, meno 12,6% per l’indice generale Topix. Evoca invece le giornate seguite allo tsunami del 2011 (quando lo yen toccò il massimo del dopoguerra sulle prospettive di carry-trade internazionale e di rimpatrio di capitali) il rapidissimo apprezzamento della valuta, che giovedì ha registrato la maggiore impennata giornaliera dal 1998 andando sotto quota 111 sul dollaro prima di rallentare leggermente ieri oltre la soglia di 112. Yen e Nikkei si trovano ora ai livelli dell’autunno 2014, quando il governatore della Banca del Giappone, Haruhiko Kuroda, sparò il suo secondo colpo di «bazooka» raddoppiando l’espansività della politica monetaria introdotta nell’aprile 2013. I titoli di banche e broker sono però crollati ai livelli del pre-Kuroda, guidando il trend negativo generale dopo l’annuncio del 29 gennaio sull’introduzione di tassi negativi.
La crisi dell’Abenomics
I successi più evidenti dell’Abenomics (Borsa più che raddoppiata e yen indebolito fin del 30%, e quindi rilancio degli utili aziendali, stimolo all’export e freno alla de-industrializzazione) stanno evaporando e l’intera strategia di politica economico-finanziaria promossa dal premier (peraltro infiacchitasi sui versanti delle riforme strutturali e della spesa pubblica) appare in crisi, mentre aleggia la possibilità che lunedì il dato preliminare sul Pil del quarto trimestre torni a mostrare il segno meno. La linea ufficiale dà la colpa a fattori internazionali esplosi da inizio anno (calo dei mercati e timori sulla crescita cinese, incertezze sulle strategie della Fed, crollo dei prezzi del greggio), ma ormai è chiaro che il «bazooka» di Kuroda non funziona piu’ e che il varo di tassi negativi in Giappone ha aggravato l’instabilità globale. Tre le conseguenze. Anzitutto, si torna a parlare di un possibile intervento diretto delle autorità giapponesi sul mercato forex, specie se lo yen si rafforzasse sotto la soglia di 110 sul dollaro.
Lo ha ventilato il ministro delle Finanze Taro Aso, cosi’ come lo fa ipotizzare la presenza del suo vice Masatsugu Asakawa (responsabile degli aspetti valutari) alla riunione d’emergenza di ieri tra il premier e il governatore (qualcuno ha ipotizzato che un primo intervento segreto sia stato effettuato giovedì). Poi si discute su come delineare una reazione collettiva per stabilizzare i mercati: Aso ha indicato che dovrà essere in discussione al prossimo G-20 di Shanghai, mentre uno degli architetti dell’Abenomics, Kozo Yamamoto, invoca che sia Abe a promuovere un summit di emergenza sull’economia (potrebbe trasformarsi in questo il G7 di fine maggio a Ise-Shima).
Infine, appare ormai in dubbio l’aumento dell’Iva dall’8 al 10% previsto per il primo aprile dell’anno prossimo, che già avrebbe dovuto scattare nell’ottobre scorso: dopo che il precedente rialzo dal 5 all’8% (aprile 2014) aveva provocato una recessione e fatto deragliare il miglior «momentum» dell’Abenomics, un altro autorevole consigliere del premier, Etsuro Honda, gia’ sollecita un altro rinvio. Difficile, comunque che il Giappone trovi appoggi internazionali a sforzi diretti di svalutazione, tanto piu’ dopo che una analoga mossa cinese a gennaio ha rafforzato i venti della tempesta finanziaria globale. D’altra parte, in vista delle importanti elezioni di luglio, Abe dovra’ fare di tutto per evitare di presentarsi ai votanti con un bilancio prefallimentare.