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 2016  febbraio 13 Sabato calendario

Francesco e Kirill, l’incontro dopo un millennio d’attesa

L’AVANA (Cuba)
«Hermano, hermano… Finalmente!», ripete vivace Francesco alternando spagnolo e italiano. E Kirill, un sorriso che si apre sulla lunga barba grigia: «Adesso le cose sono più facili…». Ore 14,25, le 20,25 di ieri sera in Italia: le due Santità si abbracciano, si baciano tre volte sulle guance sullo sfondo di un grande Crocifisso ligneo, e hanno l’aria emozionata per un incontro «tanto, tanto voluto da mio fratello Cirillo e da me», spiegava il Papa in volo. Sole, vento caldo. La prima volta nella storia avviene dove mai lo si sarebbe aspettato, il Papa della Chiesa cattolica e il Patriarca ortodosso di Mosca che infine si vedono «per grazia di Dio» ai Caraibi, in una saletta all’aeroporto dell’Avana: il presidente cubano Raúl Castro, col sostegno di Putin, ha offerto l’isola come terreno «neutro» e accoglie sulla pista il pontefice che fa tappa prima di proseguire per il suo viaggio in Messico.
Tappa, si fa per dire. La divisione più grande della Chiesa dura da un migliaio di anni, dal «Grande Scisma» tra Occidente e Oriente del 1054. Poi la revoca delle scomuniche reciproche, il 7 dicembre 1965, e cinque decenni in attesa di questo momento. «Ora è molto chiaro che questa è la volontà di Dio», mormora il Papa al Patriarca che rappresenta due terzi dei 250 milioni di ortodossi nel mondo. Due ore di colloquio privato – affiancati dagli interpreti, dal metropolita Hilarion e dal cardinale Kurt Koch – e poi la firma di una «dichiarazione congiunta» che farà epoca.
La «persecuzione» planetaria dei cristiani, a cominciare dal Medio Oriente. La preghiera a Dio «perché protegga il suo creato dalla distruzione e non permetta una nuova guerra mondiale», con il Papa che risalito in aereo commenta: «Adesso la guerra mondiale rischia di non essere solo “a pezzi”». L’integrazione europea che dimentica le «radici cristiane», il «secolarismo aggressivo» e la crisi della famiglia formata da uomo e donna: «Ci rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e maternità, come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio, santificato dalla tradizione biblica, viene estromesso dalla coscienza pubblica», si legge nel testo firmato da Francesco e Kirill. E ancora «il diritto inalienabile alla vita» e la denuncia di «milioni» di aborti, la preoccupazione per le «tecniche di procreazione mediamente assistita» e la «manipolazione della vita umana». L’impegno a lavorare, cattolici e ortodossi, per la pace in Ucraina.
La dichiarazione «non è politica o sociologica ma pastorale: si sono incontrati due vescovi», spiega più tardi il Papa ai giornalisti. Arrivare alla «piena comunione» non sarà semplice, ci sono le questioni teologiche e il senso del «primato» di Roma e secoli di ruggine. «Anche se le nostre difficoltà non si sono ancora appianate c’è la possibilità di incontrarci e questo è bello», dice il Patriarca. E Francesco: «L’unità si fa camminando insieme. Se si facesse anzitutto teologia, quando arriverà il Signore ci troverebbe ancora a discutere».
Per Raúl Castro, presente alla forma della dichiarazione congiunta, è stato un modo di restituire il favore per l’aiuto dato da Francesco nel disgelo tra Cuba e Usa. Il Papa lo ha ringraziato «per la sua accoglienza e disponibilità: avevo parlato con lui di questo incontro l’altra volta, ha preparato tutto». E ha sorriso: «Se continua così, Cuba sarà la capitale dell’unità».