Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 12 Venerdì calendario

La vittoria surreale della Lazio, in uno stadio vuoto, freddo e silenzioso

Non è più una Lazio in patria. Non c’è più un soffio d’Olimpico favorevole che possa spingere la squadra, solo i cori dei veronesi ospiti. Rimane quasi scioccato, Milinkovic, quando mette piede in campo e alza lo sguardo verso il cielo: «Io ero venuto a Roma anche perché sapevo che qui c’erano tanti tifosi. Non è bello giocare senza la nostra gente a caricarci, dobbiamo cercare di riportarla all’Olimpico. In uno stadio così grande, poi, si nota ancora di più il vuoto». L’atmosfera è surreale, una forza di gravità al ribasso. Anzi, forse al punto più basso: solo due anni fa si erano raggiunti simili precipizi, con il “Libera la Lazio”. 5.300 biglietti staccati, questi i dati di un semi-deserto glaciale. E ora, dopo i buu che squalificano Curva e Distinti, persino il silenzio fa più rumore. Nonostante la riapertura della Maestrelli, 100 pellegrini in Sud. Mani ai fianchi per gli agenti in divisa, sbadigli per gli steward annoiati, tornelli quasi immobili, nessun profumo di caffé borghetti. Solo l’odore di una rabbia fredda, ma feroce.
CONTESTAZIONE
Non c’è uno striscione, ma nemmeno un lenzuolo bianco di resa. La Nord sta organizzando un’iniziativa alternativa, una nuova tappa del vecchio “Libera la Lazio”, per la sfida con l’Atalanta. Che culminerà a fine stagione con un nuovo “Dipadreinfiglio”. Questo sembra il replay della seconda parte dell’annata 2013/2014. Ritornano le lacrime di un inno con un solo cantore: «Lazio, tu non sarai mai sola». Persino Pioli, in panchina, si guarda intorno e sembra disperso nell’ultima annata dei miracoli. Lazio-Verona non si stacca da una parete scura come l’amarezza di un popolo ormai intollerante verso Lotito, uomo solo al comando. I laziali non ne possono più di un’altra stagione mediocre, magari pure senza Europa. Colpa di un doppio mercato (d’estate e d’inverno) sbagliato. E ora guai a fare della contestazione un alibi, questo è solo l’ultimo click del buio.