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 2016  febbraio 12 Venerdì calendario

A Sanremo il trionfo dei Pooh e della nostalgia

E al terzo giorno, il Sanremone tornò alla sua vera vocazione: la nostalgia. Già era iniziato evocando i vincitori passati e il caro estinto Bowie; nella terza serata al parco delle rimembranze hanno trionfato le «cover», insomma le canzoni di ieri interpretate dai cantanti di oggi.
La festa è grande per la riunione dei Pooh, con il ritorno all’ovile della pecorella smarrita Riccardo Fogli, ma già lì, dopo le ovazioni e i cori, scende più di una lacrima nemmeno tanto furtiva. E tutto il resto, fra omaggi, memorie, ricordi, rimpianti, commemorazioni, è un «come eravamo» (sottinteso: meglio) divertente ma vagamente necrofilo. Un’ostensione di reliquie musicali, la versione laica e canzonettara della teca di Padre Pio.
Non bisogna nemmeno risalire troppo indietro. Certo, se nelle scelte dei sedicenti Campioni ci sono anche Carosone e Modugno, gli Zero Assoluto, nomen omen, fanno la sigla di Goldrake, cartone animato simbolo dei già biasimati e ora «favolosi» Anni 80. Per questo Paese d’incerto futuro, è già mitico anche il passato prossimo (però la rielaborazione è lentissima e lagnosissima, che le lame rotanti facciano giustizia).
Le esumazioni, scusate, le esecuzioni, sono di livello molto variabile. Sentire Valerio Scanu che canta Battisti è la dimostrazione che la fantasia può davvero superare la realtà. Allora meglio la favolosa faraona Patty Pravo che si mette un cespuglio in testa e, ironica o forse incosciente, rifà direttamente se stessa, Tutt’al più, 1970 (dopo Cristo, precisiamo): in pratica, si commemora da sola. E viva gli Elii in zampa d’elefante per giocare con Beethoven (il compositore, non il cane), e finalmente qualcuno che va a tempo ed è intonato.
D’altronde, tutta la giornata era stata all’insegna del passato che non passa, mentre la serata non passava e basta. Prima, sala stampa giubilante per la visita pastorale di Orietta Berti, anche lei sempre uguale dalla notte dei tempi. Poi, emozione & commozione per i Pooh riunificati. Il Sanremone pullula di questi anziani in gambissima: secondo Stefano Ferlito dell’Asl 1 Imperiese, coordinatore sanitario, «quest’anno il Festival ha sconfitto perfino l’influenza». Chi canta all’Ariston campa cent’anni.
Per il resto, un puntatone lunghissimo, anzi praticamente eterno (appunto), officiato dal Carlo Conti con la consueta efficienza. Si rivedono i nastri arcobaleno e tutto il vallettame. Gabriel Garko non migliora, deve leggere anche il suo nome, prova senza successo a scherzarci sopra viene il sospetto che sia stato sadicamente messo lì per divertire il popolo con la sua inverosimile inadeguatezza.
Madalina Ghenea continua a essere bellissima e a non fare nulla: voci non confermate la dicono irritata perché poco utilizzata oppure forse solo influenzata, chissà. La Raffaele, bravissima come al solito, prende di mira Donatella Versace che perde pezzi di lifting. SuperVirginia è l’unica a versare un po’ di cattiveria in questo barile di melassa, dunque la migliore.
Finiamo con l’inizio. C’è stata la seconda puntata della gara dei gggiovani, ma funestata da un incidente. Come si sa, il verdetto non dipende solo dal televoto ma anche, per metà, da quello dei giornalisti. Ieri, però, il «votatore» si è inceppato, insomma si è verificata, come direbbe Berlusconi, una sospensione della democrazia. Tipico «caso» sanremese sul quale pendono accuse, polemiche, ricorsi. I giornalisti hanno rivotato e ribaltato il verdetto: vince Francesco Gabbani e non Miele. Ma la Polizia postale indaga sui problemi tecnici e i manager di Miele chiedono riparazione. Possibile una finale a cinque.