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 2016  febbraio 11 Giovedì calendario

A Noto hanno ingaggiato i falchi per cacciare i piccioni. E gli animalisti protestano

NOTO (SIRACUSA). Gli artigli frementi sulla mano guantata del suo addestratore, Corrado muove rapidamente gli occhi rapaci, “fiuta” il vento, poi spiega le ali e prende il volo. Due giri attorno alla cupola, poi giù in picchiata a velocità supersonica fino a sfiorare la candida pietra calcarea di una delle fiancate della Cattedrale. Tira vento sostenuto, le condizioni meteo ideali per la “corrida dei cieli” che va in scena tre pomeriggi a settimana sui tetti del barocco di Noto. I falchi e le poiane della Scuola internazionale di falconeria di Gravina di Catania assoldati dal Comune con un appalto da 20mila euro in 5 mesi contro gli stormi di piccioni che imbrattano i palazzi e le chiese di Noto, e riempiono di guano i ciottoli e le scalinate del centro storico.
Corrado e Corrada sono gli esemplari di punta del maestro falconiere Antonio Centamore. La sua arte della falconeria è stata riconosciuta patrimonio dell’umanità dall’Unesco nella lista dei saperi, e lui è orgoglioso di esser stato chiamato a salvaguardare un gioiello dell’architettura barocca, anch’esso dichiarato patrimonio dell’umanità. Il falco sacro per l’intervento sui tetti, la poiana per quello dalla strada. Una strategia unica, studiata per anni da questo maestro falconiere che, dopo tanti lavori per aziende private alle prese con i danni arrecati dagli escrementi dei colombi, adesso non sa più come dividersi per rispondere alle tante richieste che cominciano ad arrivargli anche dalle città. E allora vale la pena di raccontarla, questa lotta tra falchi e colombe che ha già scatenato le proteste della Lipu. L’associazione considera i voli dei falchi una vera e propria attività venatoria, che dunque dovrebbe essere proibita ora che la stagione della caccia è chiusa. «Ma i falchi e le poiane qui non predano nessuno, noi operiamo in sicurezza tra centinaia di turisti e passanti e tutti possono vederlo», ribatte il maestro falconiere.
E basta seguirlo con lo sguardo, il falco sacro, mentre prende il volo dalla terrazza di fronte alla cupola della Cattedrale per capire che è il padrone di quel cielo dal quale stormi di colombi scappano in fuga precipitosa. Plana assecondando il vento con un’apertura alare spaventosa, gira sui tetti in cerca dell’obiettivo, poi improvvisamente scende in picchiata fino a 150 chilometri l’ora. Dalla terrazza il falconiere lo incita. Quando lo vede allontanarsi troppo, lo richiama con un fischietto. Tre, quattro, cinque giri ancora: Corrado volteggia e i colombi fuggono a stormi, poi torna ubbidiente sulla mano di Antonio che lo aspetta con un brandello di carne come ricompensa. «Il falco è il padrone del cielo. In un raggio di 800 metri istintivamente i piccioni lo riconoscono e scappano lasciando le covate. Di sicuro, stanotte, non torneranno a dormire qui. Così, con una continua presenza sul territorio, riusciamo ad alterare il loro ciclo biologico. La riduzione delle covate è pressoché immediata e il risultato è molto rapido. A Noto lavoriamo da due settimane. Quando ci hanno chiamato c’erano nuvole di colombi, più di diecimila, oggi credo che siano già diminuiti del 70%».
Cittadini e commercianti entusiasti confermano. «Fino a due settimane fa al mattino trovavamo i tavolini in strada in condizioni pietose, tante volte dal cielo è piovuto qualcosa anche nei piatti dei clienti – dicono al Café Art sul corso principale – adesso non c’è neanche bisogno di pulire più di tanto». All’imbrunire, Antonio Centamore ripone i falchi nel bagagliaio dell’auto, non prima di aver posato per decine di foto ricordo con i turisti che sciamano davanti all’imponente scalinata, finalmente pulita, della basilica di San Nicolò.