La Stampa, 11 febbraio 2016
«Sono come San Lorenzo, sulla graticola». Monsignor Benvenuti si difende
Monsignor Patrizio Benvenuti risponde al terzo squillo di cellulare, è agli arresti domiciliari ma si fa fatica a interromperlo: «In questa storia sono coinvolti nobili e banchieri, io sono finito in trappola. Anzi come San Lorenzo, sulla graticola. Altri invece se ne stanno a Panama».
Monsignore come sono spariti i 30 milioni destinati negli anni alla sua fondazione?
«Ho commesso l’errore di essermi fidato. In primo luogo di Christian Ventisette (ricercato, ndr), che dal 2007 mi prospettò investimenti da coniugare alla nostra attività benefica. Pensai che avremmo potuto fare ancora di più e meglio».
È a lui che si riferisce quando parla di fuga a Panama?
«Be’...».
A lei addebitano comunque di essere uno dei vertici dell’associazione a delinquere.
«A me? Ma se quasi tutti i documenti sono in francese, una lingua che a stento riesco a leggere? Il barone semmai (Jean Cristophe Dormer De Fierlant, gestore della branca finanziaria, ndr). Nell’ordine di arresto si ricorda che ha prelevato un milione di euro in contanti. E guardi che lì siamo vicini al trono del Lussemburgo».
Perché vivere in una villa quattrocentesca come quella che è stata sequestrata a Piombino?
«Quanto fango. Lì trascorrevo al massimo qualche settimana all’anno. E poi per comprarla ci ho messo un milione della mia famiglia».
Un milione?
«Sì, eravamo e siamo benestanti. I miei si sono sposati a Genova, mio padre ha fatto fortuna in Argentina dal 1948 con la famiglia Rocca. Era un industriale. Tornammo alla fine degli anni ’50 e durante il liceo decisi di farmi prete».
I gala in Vaticano denunciati dalla sua ex perpetua?
«Cene per finanziare progetti sociali. E ho aiutato quella donna».
Dicono che stesse scappando alle Canarie.
«Ma no. Sono in pensione e attraverso un contatto Internet avevo permutato una nostra vecchia proprietà con una villetta al mare. Volevo solo trascorrere la mia vecchiaia lì: nel silenzio, in serenità...».