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 2016  febbraio 11 Giovedì calendario

La Yellen fa sapere che non ci saranno rialzi dei tassi. I mercati si riprendono

Janet Yellen allontana l’ipotesi di nuovi ritocchi dei tassi a breve spiegando che le condizioni macro generali sono cambiate rispetto al rialzo di dicembre, e infonde così sollievo ai mercati finanziari. Il suo tuttavia sembra destinato a rivelarsi solo un palliativo, che poco può nel medio periodo, dinanzi ai problemi strutturali che incombono sugli orizzonti dell’economia globale.
Tra questi il tonfo del prezzo del petrolio e i rischi deflattivi ad esso legati. La presidente della Federal Reserve rende conto al Congresso del recente operato del Fomc, il braccio esecutivo della banca centrale Usa, nell’audizione semestrale dinanzi alla commissione Bancaria del Senato. I toni sono ben più cauti rispetto a quelli mostrati meno di due mesi fa quando la Fed ha alzato i tassi di interesse fermi allo zero dal 2008. «Nonostante le tensioni e la frenata dell’economia, non è necessario ora alcun taglio dei tassi», mette in chiaro. Poi le note dolenti: «La crescita è rallentata molto nel quarto trimestre, anche se è previsto che riparta. Le condizioni finanziarie sono più stringenti e sostengono meno la ripresa: questo potrebbe avere un effetto sull’economia». Parole che celano un rinvio nel prossimo aumento dei tassi, come confermano i mercati derivati: per la riunione Fed del 15 e il 16 marzo, i future non prevedono aumenti dei tassi, e solo il 19% parla di aumento entro quest’anno. Le notizie provenienti da Washington rassicurano i listini azionari, a partire dall’Europa dove Milano si conferma maglia rosa del Vecchio continente con un rialzo del Ftse Mib del 5,03% (grazie al rimbalzo a doppia cifra di Unicredit +11,91% e Intesa Sanpaolo +14,45%), seguita da Francoforte (+1,55%) e Parigi (+1,59%).
Contenuta la plusvalenza di Londra che sale di uno 0,71%. È andata male la borsa di Tokyo che incassa un altro ribasso (-2,31%), mentre dopo la buona la partenza di Wall Street, il Dow Jones ha virato in negativo (-0,62%) per i timori legati al nuovo ribasso del greggio. A New York il barile di crude (Wti) segna un nuovo calo, -1,75% a 27,45 dollari, portandosi di nuovo a ridosso del limite superiore della forbice di prezzo (26,5-25,5 dollari) sotto la quale potrebbero partire ondate speculative. Ed è questo il vulnus principale dell’economia, la cronica debolezza del barile con ricadute sulle economie emergenti, sia quelle produttrici di petrolio che non hanno tecnologie di estrazione economicamente competitive. Ma anche quelle che devono fare i conti con problemi strutturali interni, la Cina, ma anche Brasile e Russia. Il problema però riguarda anche le economie mature, incapaci di uscire dalla morsa dei prezzi deboli, in particolare il Giappone che è stato costretto ad adottare tassi negativi, l’Eurozona alle prese con rischi di deflazione, e gli Usa ostaggio di una inflazione debole. Un problema che rischia una frenata brusca visto che il greggio è il motore del Pianeta e ad ora insostituibile in tutti i suoi impieghi. I timori vengono espressi con toni allarmanti da Romano Prodi: «Bisogna far presto, si deve riunire in tempi rapidi un tavolo internazionale su temi economici e politici. I drammi non sono i ribassi della borsa ma l’inquietudine generale di tutto il sistema economico». Secondo l’ex premier si deve fare subito: «C’è un’eccessiva quantità di variabili che si agitano tutte insieme». E questo investe anche l’Italia in cui, dopo mesi, lo spread torna a salire: «Oltre a ciò mi preoccupa la crescita del debito che, dopo il calo dei miei due governi, vedo pericolosamente aumentare».