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 2016  febbraio 11 Giovedì calendario

Monsignor Benvenuti e quella truffa da trenta milioni di euro

Residenza futura: isole Canarie. Soggiorno: Villa Vittoria, cioè il prestigioso palazzo del Quattrocento sulla scogliera tirrenica di Piombino che ospitò anche Leonardo da Vinci, avendolo il genio in parte disegnato. Per le cene di gala sceglieva invece il Vaticano o i circoli ufficiali della Marina militare, della quale era stato cappellano.
Non si tratta di un tycoon dell’alta finanza. È monsignor Patrizio Benvenuti, uomo di chiesa e d’affari, di Santa Sede e forze armate, di fondazioni umanitarie e di investimenti immobiliari. E da ieri, secondo il gip di Bolzano Emilio Schonsberg che ne ha disposto l’arresto, anche di grandi raggiri. Truffa, riciclaggio, evasione fiscale.
Accuse pesanti per il sessantaquattrenne alto prelato di origini argentine, in passato braccio destro del cardinale genovese Giuseppe Siri che fu papabile in quattro conclavi compreso quello che portò al soglio pontificio Karol Wojtyla, e impegnato su vari livelli del Tribunale ecclesiastico alla Santa Sede e alla Scuola di Telecomunicazioni delle Forze armate della Marina militare di Chiavari.
Ora abita in un appartamento a Genova, dove è finito ai «domiciliari», come gli hanno notificato ieri gli uomini della Guardia di Finanza di Bolzano che su di lui hanno a lungo indagato coordinati dalla Procura altoatesina.
«Stava partendo per la Canarie dove voleva trasferire la sua residenza», hanno precisato. Perché Bolzano? «Perché la sede della fondazione umanitaria Kepha che lui presiedeva è in Val Badia, un posto da lui forse ritenuto sicuro», spiega Alessandra Faietti, comandante della compagnia di Brunico. Di sorpresa in sorpresa: sotto le cime dolomitiche non c’è chissà quale palazzo di vetro. La sede è l’umile abitazione della sua ex perpetua ora settantaquattrenne, già suora, che un bel giorno ha deciso di parlare ai finanzieri di certi strani documenti bancari che le venivano recapitati, oltre che di 35 mila euro dati al monsignore e mai più rivisti.
Da lì i finanzieri sono risaliti a una maxi truffa da 30 milioni di euro ai danni di almeno 300 ignari investitori che pensavano di finanziare opere caritatevoli e che si sono ritrovati con un pugno di mosche. Avevano versato del denaro al sacerdote che millantava inesistenti accrediti in Vaticano. Di più. Intorno alla Fondazione, proprietaria di Villa Vittoria (valore circa 8 milioni di euro) e di un grande sito archeologico a Selinunte, nel Centro museale di Triscina, entrambi sequestrati, si è sviluppata una rete di società, onlus, trust e fondazioni ramificata in mezzo mondo. Francia, Belgio, Svizzera, Lussemburgo, Stati Uniti. Tutte facenti capo a monsignor Benvenuti e a un suo stretto collaboratore, Christian Paul Gerard Ventisette, cinquantaquattrenne affarista francese originario della Corsica, ora inseguito da un mandato di cattura internazionale. La sua società, la lussemburghese Icre, è proprietaria di terreni e immobili a Poggio Catino (Rieti) e Poppi (Arezzo), finiti sotto sequestro.
Lui e il monsignore «se lasciati in libertà effettueranno ulteriori operazioni bancarie finalizzate a ostacolare l’identificazione dell’origine delittuosa delle somme nella loro disponibilità», scrive il gip di Bolzano nelle settanta pagine di ordinanza per motivare le esigenze cautelari.
Dell’associazione facevano parte altre sette persone che, a vario titolo, collaboravano all’attività illecita. Fra queste un fiorentino, due romani, e poi belgi e francesi. Difeso dall’avvocato Fausto Maria Amato, il prelato si è detto innocente: «Io non c’entro nulla, ha fatto tutto Ventisette, al quale avevo dato la mia fiducia».
Ma per la Procura di Bolzano ci sono pochi dubbi: il paradiso del monsignore era anche quello fiscale.