Libero , 9 febbraio 2016
Un’America sempre più comunista
Obama può essere soddisfatto per la piega che ha preso il partito democratico, diventato sempre più rosso nei suoi sette anni. Nell’infanzia Barack aveva avuto un mentore comunista, l’amico di famiglia Frank Marshall Davis, giornalista e attivista di partito, Tessera N. 47544 del Pc Usa, e alla Columbia partecipava al movimento studentesco della Gioventù socialista scrivendo articoli anti Reagan e per il disarmo unilaterale dell’America. Da grande, per fare carriera nei Dem ed essere poi eletto dai moderati aveva astutamente mascherato la sua ideologia travestendosi da pragmatico super partes. Era un’altra America.
Ora i tempi sono maturi per il Grande Balzo in Avanti (come direbbe Mao) e a convincere l’altra metà del Paese ci sta pensando Bernie Sanders. In attesa di prendere il Palazzo di Washington il prossimo inverno con la «rivoluzione politica» che è l’obiettivo della sua campagna, il senatore di 74 anni venuto dal Vermont domina da mesi i sondaggi per la primaria di domani in New Hampshire dove la sua vittoria è data per scontata.
Chi crede che il successo di Bernie sia il riflesso della crisi d’immagine della Clinton, bugiarda e inaffidabile per gli scandali del suo server privato e delle email, non coglie però il fattore principale: la conversione ideologica dei democratici (e non solo) sempre più favorevoli al socialismo. Secondo un sondaggio tra 1000 adulti registrati democratici, curato in gennaio dalla ditta di ricerche YouGov, il 42% degli interpellati ha detto di avere un’opinione favorevole del socialismo. La percentuale conferma una precedente rilevazione del maggio scorso, che dava il 43% di favorevoli al socialismo tra i Dem (con il 43% che si diceva pro capitalismo). Ciò che è più significativo della strisciante inclinazione verso il socialismo dell’intera nazione è ciò pensano i registrati repubblicani: oggi sono il 17% nel Gop ad essere favorevoli al socialismo, che sembra poco solo se non si considera che i favorevoli erano il 9% nel maggio del 2015. E se allora c’era il 79% di contrari al socialismo nel Gop, oggi sono calati al 71%. Tra i Dem, è solo uno su tre che adesso di schiera contro il socialismo. A prescindere dal partito di appartenenza, è tra i giovani che si rafforza l’anima rossa: il 49% della gente tra i 18 e i 29 anni ha un’opinione favorevole del socialismo, percentuale che si riduce al 23% in chi ha più di 65 anni.
In un sistema democratico, a contare di più è il dibattito delle idee, e il posto deputato dovrebbero essere le scuole. Negli Usa, la conquista delle facoltà da parte della sinistra è un processo avviato negli Anni del Vietnam che non si è più arrestato. Una ricerca sugli autori e sui testi adottati dal corpo insegnante delle università dimostra che il condizionamento è a tappeto. Il “Manifesto comunista” è il primo e appare in 3189 titoli di corsi attuali, e Karl Marx è il più citato di gran lunga di tutti gli autori. Paul Krugman, Nobel e giornalista di ultra sinistra del New York Times, ha 1081 citazioni ed è terzo. Nei 10 autori più usati sono sei i filo-socialisti, e tre i favorevoli al capitalismo e al libero mercato.
Che l’America sia in marcia verso il socialismo lo mostra la graduatoria delle economie più libere, stilata ogni anno dal pensatoio conservatore Heritage Foundation e dal Wall Street Journal. Quando Obama entrò alla Casa Bianca gli Usa erano al sesto posto, oggi sono retrocessi all’undicesimo nel mondo. E corollario di questo andazzo è il fenomeno della fuga dalla cittadinanza americana. Stanno aumentando anno dopo anno, a gran passo, i cittadini statunitensi che la rigettano, restituendo il passaporto. Erano stati 864 nel 2014, ma nel 2015 sono saliti a 4729. A causare il trend è proprio l’oppressione economica, che caratterizza i regimi socialisti punitivi della libertà privata. E non è una questione di desiderio di evasione, che negli Usa non è mai stato un fenomeno di dimensioni paragonabili all’Italia. Quello da cui scappano tanti cittadini è il fatto che l’America sia l’unico paese dell’Ocse che impone tasse, e incombenze burocratiche asfissianti, ai suoi cittadini anche se vivono altrove.