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 2016  febbraio 09 Martedì calendario

La libertà di espressione secondo Helen Mirren

Lei era Hedda Hopper, la Crudelia Demon del LA Times. Dalle colonne della sua rubrica da 35 milioni di lettori aveva chiesto la testa dei simpatizzanti del Partito comunista, definiti traditori. Lui era Dalton Trumbo, il più famoso e pagato sceneggiatore di Hollywood, iscritto al Partito comunista, che condusse una battaglia per la libertà di pensiero. Fu uno dei cosiddetti “Hollywood Ten”, i 10 che finirono davanti alla commissione per le attività anti americane del Congresso e si rifiutarono di testimoniare. Fu condannato a 11 mesi di galera e finì nella lista nera di chi non poteva più lavorare per gli Studios. Continuò coperto da vari pseudonimi e sotto falso nome vinse addirittura due Oscar, con Vacanze romane e per La più grande corrida.
L’ultima parola. La vera storia di Dalton Trumbo racconta tutto ciò. Il film è tratto dal libro Dalton Trumbo di Bruce Cook (Rizzoli) ed è ambientato nell’America maccartista Anni 50. Bryan Cranston ha appena finito di raccogliere premi per la serie tv Breaking Bad (1 Globe e 3 Emmy) che nei panni di Trumbo ha già intascato la nomination all’Oscar come Miglior attore protagonista. Helen Mirren, 70 anni, Oscar per The Queen è passata dai sobri cappellini della regina a quelli eccentrici di Hedda. È tra le 13 donne fotografate da Annie Leibovitz sull’ultima copertina di Vanity Fair, nell’edizione che denuncia la discriminazione salariale delle attrici rispetto ai colleghi uomini.
Lei si considera una persona potente?
In un mondo ideale sì. In verità sono sempre molto critica verso me stessa perché non sostengo abbastanza le cause in cui credo. Adesso vorrei diventare meno prudente.
Per esempio?
Ho amato il discorso di Patricia Arquette (che ha usato il palco degli Oscar per chiedere parità di retribuzione per le donne, ndr). Non sarebbe stato il luogo adatto, ma voleva far sentire la propria voce a un’audience così vasta. E la voce è arrivata. Anche al Congresso, dove hanno approvato una nuova legge contro la discriminazione. Ho pensato di seguire questo esempio.
Le giovani attrici protestano. Ai suoi tempi com’era?
Le ammiro, sono fantastiche, perché dicono quello che pensano. Noi avevamo paura di parlare.
Non mi sembra che lei abbia paura di dire la sua.
Non era paura, in verità. Noi parlavamo, ma nessuno ci stava ad ascoltare. Non c’erano conferenze stampa. I media decidevano gli argomenti. E non avrebbero mai riportato le nostre denunce.
Trumbo è un film sulla libertà di espressione. Anche una come lei ha paura a dire quello che pensa?
Nel mio mondo uno vuole sempre essere popolare. Vuole che la gente lo ami. Però anche una persona nella mia posizione deve stare attenta.
In che senso?
Adesso, per esempio, dovrei essere a mio agio. Ma l’esperienza mi ha insegnato che non devo esserlo. Bisogna sempre stare attenti, ogni cosa che dici può essere usata o montata, messa su Internet, diventare un titolo.
Nel film uno dei censori della commissione dice: “I comunisti a Hollywood sono pericolosi, i film sono l’arma più potente”. È vero?
I film sono una mezzo di propaganda incredibilmente potente. Tu senti freddo quando è freddo sullo schermo e senti caldo quando sullo schermo è caldo. Le tue emozioni possono essere completamente manipolate. Forse allora ancora di più oggi, perché la televisione era solo agli inizi.
E non c’erano Internet, Facebook o i social media…
Ovvio. Oggi tra tv e Internet c’è una pluralità di voci contrastanti.
Nel film ricorrono parole come “minaccia”, “lealtà”, “traditori”. Sono parole molto usate anche oggi.
La vicenda di Trumbo è una grande lezione da imparare sulla liberà di espressione. Il nostro compito, come artisti, è di riflettere la società. E spesso si tenta di silenziare le voci degli artisti. Penso a cosa succede ai poeti iraniani.
Non crede che anche dove la democrazia si dà per scontata la libertà di espressione non sia così scontata?
Io credo molto nel ruolo dei comici. Come il giullare di corte di Re Lear, l’unico che osa dire la verità, hanno il potere di rompere l’ipocrisia del politicamente corrente.
Trumbo era davvero un pericoloso comunista?
Oggi si direbbe socialista. Anche mio padre era iscritto al Partito comunista. Oggi sarebbe un supporter di Bernie Sanders. O uno che vota i laburisti in Gran Bretagna. Non uno che voleva andare a vivere in Urss.
A proposito delle polemiche sul razzismo agli Oscar, il LA Times ha scritto che il 94% dei 700 membri della giuria sono bianchi e 67% sono uomini. Ci sarà davvero un cambio nella composizione delle giuria, con più spazio alle donne e alle minoranze.
Sì. accadrà. Ma è il solito dilemma: è nato prima l’uovo o la gallina? Hollywood deve pensare anche all’audience. È il pubblico che deve dire cosa fare o siamo noi che dobbiamo dire al pubblico cosa guardare?
Lei sa la risposta?
Qualche volta è Hollywood a proporre delle innovazioni e il pubblico reagisce bene. Altre volte però le rifiuta. Bisogna ricordare che alla fine i film sono cose molto care da produrre e Hollywood è un’industria cinematografica non una forma d’arte.