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 2016  febbraio 09 Martedì calendario

La crisi della Grecia, di nuovo

La contestata riforma delle pensioni torna ad alzare la tensione sulla Grecia. E come sempre anche sui mercati. Malgrado l’aumento del rating di Atene annunciato da S&P’s, la Borsa greca ha perso il 7,87% con una pioggia di vendite che ha colpito soprattutto i maggiori titoli bancari, i cui prezzi si sono dimezzati da inizio anno. Ieri il crollo di Alpha Bank, Banca del Pireo, Banca nazionale e Eurobank ha provocato un tonfo dell’indice settoriale, che ha chiuso con un -23,4%. Ad appena 464,23 punti, l’indice composito di riferimento della Borsa ateniese, sismografo della ennesima crisi, ha segnato il valore di chiusura più basso da 25 anni a questa parte. Un tracollo.
Tutto è iniziato giovedì scorso. Mentre la troika in rappresentanza dei creditori incontrava i ministri greci al ministero delle Finanze ad Atene per discutere della controversa riforma previdenziale che dovrebbe traghettare definitivamente il Paese mediterraneo fuori dalla secche, si svolgeva in contemporanea uno sciopero generale di oltre 50mila persone nel centro di Atene, proprio in piazza Syntagma davanti al Parlamento.
È stata la prima protesta di massa di queste dimensioni a sfidare il primo ministro Alexis Tsipras, che rischia di rimanere stritolato da questo ennesimo braccio di ferro con i creditori e dalle resistenze della piazza. A protestare c’erano questa volta agricoltori, pompieri, poliziotti, guardia costiera, dipendenti del settore pubblico in generale, medici, avvocati e altri professionisti autonomi che raramente scendono in piazza. La maggior parte dei negozi e ristoranti nel centro di Atene è rimasta chiusa.
A mobilitare ancora una volta la piazza è stata l’annunciata riforma del governo sulle pensioni, l’ennesima riduzione delle prestazioni con l’aggiunta dell’aumento dei prelievi. Tsipras ha cercato di aumentare i contributi dei nuovi assunti per scaricare il peso della riforma sulle nuove generazioni. Ma la troika (in primis la Germania) non ha accettato la mossa diversiva e ha messo alle corde la risicata maggioranza di Syriza-Anel che ora rischia di scontentare i greci e di spaccarsi in Parlamento. La riforma delle pensioni annunciata a gennaio prevede un ulteriore taglio medio del 15% delle prestazioni, l’accorpamento dei fondi di gestione, la riduzione a 2.300 euro dell’ammontare mensile massimo (da 2.700) e una pensione minima con almeno 15 anni di contributi ridotta a 384 euro. Una misura complessiva da 1,8 miliardi di nuovi tagli previdenziali, pari all’1% del Pil che nel frattempo si è ridotto del 25 per cento. Insomma ancora una dose di austerity sulle pensioni, un tema delicato socialmente poiché il 50% dei greci ha come principale fonte di reddito proprio l’assegno previdenziale, con un tasso di disoccupazione del 25,1 per cento e nessuna forma di indennità per i senza lavoro prevista sul terreno.
Poi la troika ha chiesto di varare alcune misure sui prestiti in sofferenza che dovrebbero consentire alle banche di mettere sul mercato con più facilità gli immobili ipotecati, una misura però molto contestata dai sindacati e dai partiti di opposizione. Gli ennesimi sacrifici fanno parte del piano richiesto dalla troika (Ue, Fmi e Bce) in cambio del nuovo pacchetto di aiuti da 86 miliardi di euro, negoziato a luglio. Un piano che si aggiunge ai 240 miliardi di euro già erogati dai creditori nei precedenti due piani di salvataggio, rispettivamente da 110 e 130 miliardi di euro. Una pioggia di miliardi che sono solo transitati da Atene per ritornare con una partita di giro nelle casse dei creditori.
Atene proprio a luglio dovrà far fronte al pagamento di 3,5 miliardi di euro di prestiti in scadenza. Senza i soldi della troika la tragedia greca rischia di ripartire ancora un volta, proprio adesso che Atene sperava di poter accedere al Quantitave easing della Bce, cioè l’acquisto di 60 miliardi di euro mensili di bond da cui la Grecia è ancora esclusa.
L’Fmi continua a spingere i greci – e gli europei – ad accettare i tagli più onerosi e immediati delle pensioni per poi discutere della riduzione del debito che viaggia al 185% del Pil, secondo una traiettoria di insostenibilità.
Inoltre c’è sullo sfondo la crisi dei migranti dove la Commissione Ue ha dato tre mesi di tempo ad Atene per costruire i punti di riconoscimento, ma le autorità delle isole greche si ribellano alla costruzione degli hotspot temendo che questi centri di accoglienza facciano fuggire i turisti e mandare in crisi la maggiore fonte di reddito dell’economia.
Anche il maggior partito di opposizione, Nea Dimokratia, guidato ora da Kyriakos Mitsotakis, che lo ha spostato al centro e su posizioni neoliberiste, non è più disposto a sostenere l’esecutivo sul varo della indigesta riforma previdenziale. Tutto questo rende il passaggio delle riforme molto difficile in aula. Mujtaba Rahman, esperto di Eurasia, ritiene che il governo Tsipras alla fine riuscirà a far passare la modifica delle pensioni e la riforma fiscale con la propria maggioranza entro fine marzo, ma non si può negare che i rischi per questo scenario siano in crescita, e un peggioramento della crisi dei rifugiati potrebbe diventare l’ago della bilancia e scatenare ancora una volta la tempesta perfetta su Atene, l’anello debole di Eurolandia.