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 2016  febbraio 09 Martedì calendario

I trent’anni di Dylan Dog, pieni di rabbia e paura

La Sergio Bonelli Editore è uno dei giganti dell’editoria italiana. E in questi anni si sta lentamente spostando verso la televisione e il cinema. Il suo punto di forza, però, restano i fumetti (da qualche mese, è in libreria una riedizione cartonata de La Quinta Stagione). Di Dylan Dog, seconda serie più venduta dopo Tex, è appena uscito il sedicesimo Color Fest, ultimo tassello della sua rivoluzione non-rivoluzione. Si intitola Tre passi nel delirio: gli autori sono Ausonia, Aka B e Marco Galli, mentre la copertina porta la firma di Arturo Lauria.
Roberto Recchioni, che è il curatore della testata dopo il ritiro di Tiziano Sclavi, è il volto simbolo del rilancio dell’Indagatore dell’Incubo. Sue sono le idee dietro i vari cambiamenti. È un appassionato di cinema e videogiochi; ha pubblicato un primo romanzo per Mondadori. Tra gli scrittori che lo hanno influenzato «Elmore Leonard, Stephen King, Ian Fleming» e Frank Miller, «una delle ragioni per cui faccio fumetti».
Qual è il suo bilancio?
«Il bilancio è buono. È stato una buona partenza, due anni fa. Con Spazio Profondo e con tutto il lavoro che ha riportato Dylan all’attenzione non solo dei lettori affezionati, ma anche di chi aveva smesso di comprarlo e di chi non lo aveva mai comprato. Siamo contenti: con il Color Fest trova compimento il rinnovamento di tutte le testate per grafica, contenuti, periodicità, vendite».
Com’è cambiato il Color Fest?
«L’abbiamo rivoluzionato: ora costa un po’ di meno, esce più spesso, quattro volte l’anno anziché due, e ha una carta diversa. E poi cambia la struttura delle storie. Una volta il Color Fest conteneva solo storie di 32 pagine; d’ora in avanti le storie avranno una lunghezza variabile e in un volume potranno essercene una come cinque. Proporremo autori di forte rottura come lo sono Ausonia, Aka B e Marco Galli».
Quest’anno cade il trentesimo anniversario della prima pubblicazione di Dylan Dog.
«Sarà un anno importante: di mostre, di incontri, fino a che si arriverà a Lucca, ad ottobre, dove Dylan Dog verrà celebrato con un albo molto particolare».
Sta parlando di Mater Dolorosa, di cui lei è anche sceneggiatore.
«Gigi Cavenago sta realizzando i disegni in maniera pittorica. È un albo che unirà la storia di Dylan con elementi più nuovi».
Che personaggio è, oggi, Dylan Dog?
«Complicatissimo perché è un riflesso intimo del suo autore, cioè Tiziano Sclavi. Quando scrivi una storia di Dylan, devi metterci del tuo altrimenti non funziona. E questo è diverso da Tex. Con Tex devi esercitare un rispetto profondo per il personaggio. Con Dylan, se non ci metti il tuo approccio personale, se non operi come operava Tiziano, diventa difficile tirare fuori storie valide».
Da dove prende le sue storie?
«Non c’è una risposta. Le prendi dal mondo. Le prendi dall’osservazione delle cose. Da quello che ti fa paura. Da quello che ti angoscia. Tiziano era mosso molto dalla paura nello scrivere Dylan. Io sono mosso generalmente dalla rabbia».