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 2016  febbraio 08 Lunedì calendario

Fra tre minuti la fine del mondo

Che ore sono? Tre minuti alla mezzanotte dell’umanità. Le lancette dell’Orologio dell’Apocalisse sono ferme da un anno alle 11:53, per denunciare al mondo la breve distanza che ci separa dall’autodistruzione. Ci resta poco tempo per agire prima dell’ora zero.
L’idea di raffigurare il rischio di un olocausto venne in mente alla fine della seconda guerra mondiale ad alcuni degli scienziati che con il loro lavoro avevano reso possibile la realizzazione delle bombe atomiche che erano appena state fatte esplodere a Nagasaki e Iroshima. Albert Einstein e Robert Oppenheimer furono in prima linea nella creazione della rivista Bullettin of the Atomic Scientists nel dicembre del 1945. La pubblicazione era una sorta di atto di pentimento da parte di chi aveva lavorato al Manhattan Project che aveva creato l’atomica, e ora era cosciente e spaventato dai possibili sviluppi futuri della tecnologia. L’orologio era la rappresentazione grafica più efficace per indicare il grado di minaccia rivolto contro il mondo non solo dalle testate nucleari in pieno corso di costruzione, ma anche dai mutamenti ambientali che l’uomo stava già causando con uno sviluppo industriale incontrollato. A questi due elementi in tempi più recenti si sono aggiunti altri due fattori di massima pericolosità come il bioterrorismo e la guerra cibernetica.
I fondatoriI fondatori del progetto fissarono per la prima volta l’orologio alle 11,53. L’ora era così vicina alla mezzanotte già nel 1945 perché il potenziale distruttivo era ormai nelle mani dell’uomo, e la sua attivazione in Giappone aveva aperto la strada ad un possibile uso futuro dell’atomica. Otto anni dopo il giudizio dovette essere rivisto una prima volta: americani e russi avevano appena condotto i primi esperimenti con la bomba ad idrogeno e l’ora fu spostata alle 11,58, il punto più vicino allo 0 mai raggiunto. Da allora la lancetta dei minuti è stata spostata altre 21 volte per riflettere i fatti più recenti che alteravano in alto e in basso il grado della minaccia. Il punto alfa (11,43) lo abbiamo raggiunto nel 1991 alla fine della guerra fredda, lo zenit è rimasto quello del ’53, al quale siamo però oggi molto vicini. Il paradosso è che più è aumentata la consapevolezza delle minacce che ci circondano, più sembrano allontanarsi dall’obiettivo dei governi le politiche di riduzione del rischio.
Il direttore attuale del Bullettin, il fisico teorico e cosmologo Lawrence Krauss, ha appena pubblicato un appello sul settimanale The New Yorker per allertare sulla gravità della situazione nella quale ci troviamo. «Il fatto che quest’anno abbiamo deciso di non spostare le lancette – ammonisce – non è una buona notizia. L’ultima volta che siamo stati tanto vicini all’ora dell’Apocalisse è stato il 1983, quando ci trovavamo al culmine della tensione della Guerra Fredda».
Nel corso dell’ultimo anno ci sono stati sviluppi positivi che avrebbero autorizzato un maggiore ottimismo da parte degli “orologiai dell’olocausto”, come l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e quello di Vienna sul nucleare iraniano. Ma allo stesso tempo il trattato di Parigi è al momento una mera dichiarazione di intenti in attesa di difficili ratifiche da parte di quasi 200 parlamenti, e tensione tra Usa e Russia è tornata a salire, e con essa il bilancio di spesa sulle armi nucleari. La Corea del Nord dice di aver sperimentato una bomba ad idrogeno, e Pakistan e India sono sempre sotto il mirino delle rispettive atomiche.
L’appelloKrauss ha lanciato un appello a tutti i cittadini del mondo perché facciano pressione sui governanti per allentare la pressione politica, ridurre gli armamenti e accelerare gli interventi a salvaguardia dell’ambiente. La prima amministrazione sulla quale lo scienziato punta l’indice è quella americana, che nonostante la tanto sbandierata politica del “reset” (la denuclearizzazione negoziata tra Obama e Medvedev) è tornata a spendere con maggior voga per quello che definisce «un programma di ammodernamento delle testate nucleari», e che in realtà è un investimento di 240 miliardi per il loro sviluppo. 
Contro questa tendenza e contro la cecità del mondo, vale ancora l’osservazione che Einstein fece dopo lo scoppio dell’atomica a Nagasaki: «Tutto è cambiato, tranne il nostro modo di pensare, e a meno che riusciamo a cambiare anche questo, l’umanità è destinata a restare sull’orlo del baratro. Non permettiamo che l’enormità della minaccia che abbiamo creato finisca per ridurci al silenzio e all’inazione».