La Stampa, 8 febbraio 2016
Contro l’inquinamento delle grandi navi container ritorna il commercio con i velieri
Il più antico mezzo di trasporto merci, la nave a vela, sta lentamente riconquistando lo spazio perduto da quando la diffusione del motore a vapore, e l’apertura del Canale di Suez, decretarono la fine della leggendaria stagione dei clipper. Un po’ in silenzio, un po’ con la prudenza che deve sempre caratterizzare una nuova coraggiosa iniziativa, stanno sorgendo in ogni parte del mondo piccole compagnie che restaurano antiche navi a vela e le impiegano nel commercio.
Nell’epoca dei giganteschi container da migliaia di tonnellate che solcano gli oceani può sembrare un’iniziativa assurda. Inviare merce dalla Cina all’Europa o all’America non è mai costato così poco e anche se il vento è gratis, la spedizione su navi a vela costa comunque di più. Ma non tutti sanno, e molti fingono di non sapere, che le 15 navi container più grandi producono insieme da sole lo stesso inquinamento di tutte le automobili del mondo, contaminando l’aria e l’acqua di tonnellate di CO2 ad ogni viaggio.
Ma forse qualcosa sta per cambiare. Alcuni mesi fa Jamie Pike, un ambientalista di Bristol, ha fondato la Dawn Traders, una compagnia di trasporto che ha come principale vettore il «Tres Hombres», un bellissimo schooner olandese che attraversa l’Oceano Atlantico portando in Europa rum e cacao. In Francia Guillaume Le Grand ha dato vita alla Wind Transport, che conta su dodici navi a vela in grado di trasportare 155 tonnellate di merce all’anno. Non sono moltissime, «una goccia nell’oceano», come ammette lo stesso Guillaume, ma la società conta di aumentare il giro d’affari del 50% nel 2016 e tutto lascia pensare che ci riuscirà. La voce che è di nuovo possibile trasportare merci a vela si sta infatti diffondendo e sempre più persone attente ai temi ambientali ne vogliono approfittare. Tom Hunt, un eco-chef idealista che sogna di cambiare il mondo partendo dal cibo, serve nei suoi ristoranti di Londra e di Bristol solo vino importato su navi a vela e anche il celebrato Noma di Copenhagen fa lo stesso per molti dei prodotti che usa in cucina.
In Cornovaglia, Marcus e Freia Pomeroy-Rowden hanno costruito il «Grayhound», un veliero che è la replica esatta di una goletta a vele auriche del 18° secolo, una copia così ben riuscita da comparire anche nel recente film «Heart of The Sea» di Ron Howard. Marcus è un esperto skipper e Freia conosce bene l’Oceano: entrambi hanno deciso di impiegare il «Grayhound» sulla Manica, a fare la spola tra l’Inghilterra e la Francia. All’andata, trasporta birra e tè, al ritorno Muscadet e Bordeaux. Questo ritorno delle navi a vela, hanno detto all’«Independent», non si spiega solo con la possibilità di guadagnare qualcosa. Le persone che vi sono coinvolte sono ormai moltissime: «È tutta gente che vuole mettere in discussione il vecchio modo di fare le cose e trovare alternative efficaci e compatibili con la tutela dell’ambiente».
La più vecchia delle navi a vela che hanno ripreso a caricare merci è la «Nordlys», una barca da pesca che ora, trasformata in cargo, trasporta lungo la costa 30 tonnellate alla volta di vino, olio e sidro. Fu costruita nel 1873 nell’isola di Wight, ed è probabile che la regina Vittoria l’abbia vista passare al largo della spiaggia di Osborne House. Quasi tutte le navi impiegate in quella che molti sperano diventi la nuova età d’oro della vela hanno il fasciame in legno e una gloriosa storia alle spalle, ma è ovviamente auspicabile che se ne costruiscano altre, più moderne, sicure ed efficienti.
Prima bisogna però che la cultura del trasporto a zero emissioni si diffonda, e che i prodotti trasportati a vela siano preferiti da un sempre maggiore numero di persone, anche a costo di pagarli un po’ di più. Le iniziative non mancano: negli Usa sono stati fondati il Sail Freight Project e il Sail Transport Network e persino nelle isole Fiji opera da qualche tempo il Greenheart Project. Sul sito web fairtransport.eu si può seguire l’attività di tutte le navi a emissioni zero che operano in Europa. E, volendo, ci si può anche imbarcare per una traversata sul «Tres Hombres» o sul «Grayhound». La paga è bassa, ma si potrà respirare la stessa atmosfera che respiravano una volta i marinai e godersi nel viaggio un mondo forse più lento, ma infinitamente più bello.