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 2016  febbraio 05 Venerdì calendario

Zafferano, dove si produce e come riconoscerlo

Non c’è niente di più tradizionale di un semplice risotto alla milanese. Semplice per modo di dire: costoso è l’aggettivo adeguato. Per produrre un kg di zafferano – che di questo piatto è l’ingrediente principe – sono necessari circa 100mila fiori. In altre parole 25mila bulbi per mille metri quadri di terreno. Ogni bulbo genera venti gemme di cui solo tre vengono usate per ricavare gli stimmi, come si chiama in gergo l’agglomerato dei pistilli di colore rosso vivo che vengono usati in cucina. Per il nostro risotto è sufficiente usarne un quantitativo pari a 0,2g, ovvero 6-7 pistilli. Prezzo al grammo dai 25 ai 32 euro al pubblico: se siete fortunati vi costerà «soltanto» 5 euro aromatizzare il vostro risotto.
Non si può parlare di zafferano senza citare Marche, Abruzzo e Sardegna; senza dimenticare l’Umbria e la Toscana. Eppure lo zafferano, come suggerisce lo stesso nome, deriva dall’arabo za’faran, ed è stato importato in Italia nel XIV secolo. Ma la geografia dello zafferano sta cambiando e le coltivazioni si stanno spostando al Nord, sta fiorendo una nuova imprenditorialità: buoni margini di guadagno, lo zafferano non teme le gelate invernali e si adatta perfettamente a un terreno sabbioso a 500-700 metri sul livello del mare. Piantato tra luglio e agosto, fiorisce verso la metà di ottobre, schiudendosi in sole 24 ore; sono solo dieci i giorni in cui è possibile raccoglierlo, rigorosamente a mano per non rompere gli stigmi, alle prime luci dell’alba, senza superare le 10 del mattino per evitare la completa apertura.
L’«oro rosso» ha preso cittadinanza nel lombardo-veneto, a partire da quella sponda del lago di Como decantata da Manzoni, dove Rolando Germani, imprenditore di Faloppio (CO), già dal 2013 ha creduto nel suo Zafferano Collina D’Oro arrivando a oggi a più di un chilo di produzione. Hanno studiato tutto nei minimi dettagli i cugini Cogliati e, neanche trentenni, si sono lanciati nella produzione dello «Zafferano Padano» a Ronco Briantino (Mb), mettendo a reddito quei 6000 di metri quadri di campo incolto messo a disposizione dalla famiglia. La fondazione Historie Onlus di Villafranca di Verona invece privilegia il sociale, l’attività della raccolta dello zafferano è nata con l’intento primario di riabilitare al lavoro persone affette da disabilità fisica e psichiatrica, venduto a marchio «Zafferano di Verona». I ragazzi vengono responsabilizzati, affidando loro uno tra i prodotti più preziosi al mondo, oltre ad acquisire una manualità da spendere in altre occupazioni. Chiara Orlandini ha investito nel suo sogno, tornare contadina: ha così lasciato il suo lavoro da architetto a Milano per dedicarsi alla propria passione, aprendo a Caprino Bergamasco (Bergamo) l’azienda Villa Serica, arrivando a produrre più di mezzo chilo di zafferano l’anno, dando un tocco di femminilità all’oro rosso italiano.

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Lo zafferano è uno dei prodotti alimentari più costosi al mondo. Il costo al dettaglio dello zafferano puro in pistilli si aggira attorno ai 16mila euro al chilo. La produzione mondiale si attesta sulle 178 tonnellate ad anno il 90 per cento del quale viene prodotto in Iran e il restante 10 in India, Grecia, Marocco, Spagna e Italia. L’Italia produce tra i 450 kg e i 600 kg e ne importa circa altri 22 chili, per un «fatturato» complessivo di 22 milioni di euro.Dato l’elevato costo, lo zafferano è oggetto di contraffazione fin dall’antichità. Se ne lamentava già Plinio il Vecchio nel I secolo dopo Cristo. Come riconoscere quello autentico? Intanto dal prezzo: diffidate dello zafferano troppo economico. Valutate poi la giusta velocità di colorazione del piatto: in questo caso la fretta non è un buon segno; infine più la colorazione rossastra è intensa, coadiuvata da un profumo intenso, più siete sicuri della bontà del prodotto. Due volte su tre lo zafferano è in tutto o in parte contraffatto, non essendo obbligatorio in Italia indicare l’origine di provenienza.L’adulterazione dello zafferano in polvere è più facile da realizzare in quanto l’unico modo per accorgersene è l’analisi chimica: si possono trovare polveri vegetali (pimento, curcuma), zucchero, amido o calcare. Al posto dello zafferano in stigmi invece si possono furbescamente commercializzare altre piante erbacee simili come il cartamo (chiamato non a caso zafferanone), la curcuma (detta zafferano delle Indie) o addirittura il colchico, una pianta velonosa, aggiungendo al danno economico quello alla salute. Lo zafferano (quello vero) è ricchissimo di molecole antiossidanti e anticancerogene ed è usato nella medicina antica islamica e greca.