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 2016  febbraio 05 Venerdì calendario

Laurearsi in cucina (ma senza fornelli)

Non è il Masterchef con il “tocco” di traverso sulla testa, non si producono qui cuochi colti e letterati, ma Roma Tre – l’ultima università italiana di 25 a inaugurare un corso di laurea triennale in Scienze e culture gastronomiche – non ha paura a citare i suoi ispiratori televisivi e a spiegare perché l’ultima moda, l’ultimo boom dell’alta conoscenza italiana, è l’Eno-Gastronomia. «Seguendo le gare culinarie in tv che fanno ascolti da record, le Cucine da incubo, gli Unti e bisunti, abbiamo deciso di partire», spiega il rettore Mario Panizza. «Abbiamo compreso l’interesse, intuito gli sbocchi professionali e affidato ad alcuni sondaggi i dubbi residui. Sulla materia cibo c’è una richiesta nuova, inedita. I diciottenni, gli studenti in età da liceo, hanno preso consapevolezza delle potenzialità del settore».
Fino a dieci anni fa un percorso di specializzazione enogastronomico – affidato a corsi privati, master estemporanei e a pagamento, tirocini all’estero – veniva preso in considerazione da chi non voleva andare all’università, «ma un ateneo moderno, consapevole e non snob deve abbracciare questa voglia e farla diventare altamente professionalizzata».
L’Istituto alberghiero – la scuola che forma cuochi, chef, maître, portieri d’albergo ed è l’accesso a un lavoro qualificato spesso ben retribuito e decisamente longevo – ha già conosciuto i suoi picchi di crescita a partire dal 2013, diventando in quella stagione e nella successiva la tipologia di scuola più frequentata in Italia dopo il liceo scientifico. Attraverso l’Alberghiero, a 16 anni si può trovare la prima occupazione nell’accoglienza turistica, nel servizio di sala, nella vendita alimentare. Chi è uscito dall’istituto professionale di “Enogastronomia e accoglienza” di Arzachena e Budoni oggi lavora e in alcuni casi guida gli alberghi Starwood e Cala di Volpe in Costa Smeralda, il Grand Hotel di Porto Cervo. Ecco, l’università generalista ora vuole intercettare questo genere di diplomati e offrire loro scienza, coscienza e conoscenza da spendere nel mercato globale.
Il corso di laurea di Roma Tre, realizzato in collaborazione con l’Istituto alberghiero di Tor Carbone, non è una materia o un seminario inserito all’interno di una laurea “più seria”. È la laurea. Legalmente, è ovvio, riconosciuta. Così come è già accaduto con i 24 atenei partiti prima. Le matricole che vi entrano dentro – la maggior parte nel Dipartimento di Agraria, ma in alcuni atenei lo studio del cibo è incardinato in Scienze (Roma Tre, con 50 posti disponibili a fronte di 221 richieste) o Medicina (Messina) – non imparano a cucinare. Imparano piuttosto cos’è il cibo, da cosa è composto (Chimica, Microbiologia), cosa ha rappresentato nella storia dell’uomo (Antropologia alimentare). Alla gastro- università si impara come il cibo può essere trattato e commercializzato (Economia agroalimentare, Marketing ristorativo), rovinato o esaltato (Laboratorio di enogastronomia), edulcorato o rispettato (Diritto alimentare europeo).
La ricerca alimentare ha resuscitato un’università di frontiera come Foggia. Dell’ateneo pugliese – avamposto culturale di una provincia povera e slabbrata, con una disoccupazione, dati dello scorso luglio, al 20 per cento, il 67 per cento tra i giovani – solo due anni fa si parlava per il rischio chiusura corroborato dai dati da fondo classifica sul fronte costi e risultati. Con il cambio di rettore (il 31 ottobre 2013 Maurizio Ricci ha preso il posto di Giuliano Volpe), il medio ateneo ha trovato una sua strada per rialzare la testa e ottenere riconoscimenti in Italia e all’estero. La ricerca alimentare è la nuova vocazione alla Capitanata, soprattutto l’applicazione di nuove soluzione alimentari. La professoressa Carla Severini (Scienze agrarie e degli alimenti) a giugno 2015 ha presentato il brevetto per una nuova marinatura dei filetti di pesce, possibile utilizzando una soluzione di cloruro di sodio e acidi organici. Sul brevetto scientifico stanno arrivando i partner industriali e presto – assicura l’università – la novità sarà nei supermercati. L’università di Foggia ha trionfato al NutriAwards di Lille: il metodo di produzione “Gluten friendly” – si toglie il glutine dalle sostanze alimentari modificandone le proteine – è stato giudicato «il miglior processo alimentare innovativo». E lo scorso 24 settembre l’ateneo ha battezzato il corso di laurea in Scienze gastronomiche. Le immatricolazioni nella maggior parte delle facoltà sono ancora in discesa, ma nel 2014, ultimo dato conosciuto, l’ateneo è stato il quinto per crescita dei fondi di finanziamento ordinario, quelli erogati dal ministero.
Molte accademie hanno deciso di fondere la laurea “enogastro” con il territorio. Torino ha scelto Asti per il vino, Padova ha le sedi per le lezioni dedicate a Castelfranco Veneto e Conegliano, Bologna ha responsabilizzato il polo di Cesena. L’Università di Parma, la prima ad aver portato lo studio del food negli atenei pubblici, nel 2004, oggi ha tre corsi, uno magistrale (quarto e quinto anno). Il rettore Loris Borghi dice: «Stiamo investendo su questa branca, Parma è il cuore della Food valley emiliana. Abbiamo portato i due corsi triennali al massimo della loro capienza, 240 studenti, tra i quali tre cinesi. Il prossimo anno avremo il quarto corso: Food management. Otto laureati su dieci in Enogastronomia trovano lavoro entro il primo anno».