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 2016  febbraio 05 Venerdì calendario

Quaranta senatori dell’opposizione ricorrono alla Corte costituzionale per fermare il ddl Cirinnà

L’estrema arma contro il disegno di legge sulle unioni civili la tirano fuori 40 senatori dell’opposizione, capitanati dai senatori di Idea-Pi Quagliariello, Giovanardi, Augello, Compagna e Mauro: un ricorso alla Corte costituzionale per «conflitto d’attribuzione», perché il ddl Cirinnà non è stato discusso in Commissione. Ricorso che viene subito bollato dal presidente del Senato Pietro Grasso come una mossa da «azzeccagarbugli». Il tutto mentre nel Pd si cerca una mediazione per far passare qualche emendamento che consenta di ottenere i voti cattolici del Pd e di non perdere quelli del Movimento 5 Stelle.
La sorte del disegno di legge resta dunque incerta. Ieri, in Aula, la vicepresidente Valeria Fedeli si è commossa, leggendo una lettera scritta da «una mamma arcobaleno» e ha abbracciato la relatrice Monica Cirinnà. La discussione generale riprenderà martedì alle 12. Per le votazioni bisognerà aspettare mercoledì. Intanto fa discutere l’iniziativa dei 40. Secondo i ricorrenti l’iter del ddl ha violato l’articolo 72 della Costituzione, per il quale ogni disegno di legge deve essere esaminato prima in Commissione e poi in Aula. «La decisione dei capigruppo è stata assunta fuori da ogni fattispecie – dice il comunicato di Idea-PI —, in violazione perfino del recente precedente in materia di riforma costituzionale». Per Giovanardi è una cosa «di una gravità enorme». Quagliariello ribadisce: «Vogliamo farci rispettare. Se la Costituzione viene messa sotto i piedi, non lo possiamo accettare». Andrea Augello paragona a don Abbondio il presidente Grasso. Offrendogli il destro per una replica in tono manzoniano: «Questo ricorso è un’idea da azzeccagarbugli». Quagliariello controreplica: «Il presidente non se la può cavare con una battuta». E poi, giocando sul nome della sua componente: «Grasso non ha idea della Costituzione». Il presidente del Senato, però, spiega nel dettaglio l’iter del provvedimento, che risale al 18 giugno del 2013, quando si svolsero «ben 69 sedute della Commissione in 29 ore di dibattito». Né, aggiunge, «sono arrivate voci contrarie quando il presidente della Commissione propose di proseguire l’esame del ddl Cirinnà in congiunta con gli altri ddl».
Intanto fa discutere, e non piace alla maggioranza del Pd, l’idea di Giorgio Tonini di stralciare le stepchild adoption dal testo. I Giovani Turchi dicono no a ulteriori compromessi. E, mentre il fondatore di SocialDem, Marco Di Lello, definisce il ddl «un compromesso minimo accettabile» per proteggere «affetti e relazioni che, piaccia o no, già esistono», la vicesegretaria del Pd Debora Serracchiani interviene: «Sì a miglioramenti, ma è inopportuno lavorare con le forbici a questo testo». Molto più praticabili, invece, sembrano gli emendamenti proposti da Giuseppe Lumìa, che puntano a «salvare» la costituzionalità del provvedimento, evitando l’equiparazione del matrimonio alle unioni. I senatori M5S, riuniti in assemblea, hanno selezionato alcuni emendamenti ammissibili, confermando il voto a favore, salvo «snaturamenti». Voto che, insiste Angelino Alfano, «causerebbe certamente dei traumi».
Spiega il senatore M5S Mario Giarrusso: «Emendamenti descrittivi, come quelli di Lumìa, potrebbero essere accettabili». E lo stralcio della stepchild? «Quella no, ma bisogna capire quando una proposta è di buon senso oppure no». Insomma, i limiti sembrano più vaghi del previsto. Con un dettaglio. La rete, che ha già detto di sì alle unioni, non si esprimerà più: «Non c’è il tempo, decidiamo noi».