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 2016  febbraio 05 Venerdì calendario

Renzi ha chiesto l’immediata consegna del corpo di Giulio Regeni perché non si fida degli egiziani

La decisione presa ieri a metà pomeriggio dal presidente Matteo Renzi di chiedere pubblicamente l’immediata consegna del corpo di Giulio Regeni fa ben comprendere quanto alta sia la diffidenza nei confronti delle autorità egiziane che indagano sulla morte dello studente. Già questa mattina arriverà al Cairo un team investigativo composto dai carabinieri del Ros e dai poliziotti dello Sco.
Il depistaggio
Il problema non è scoprire quali sevizie abbia subito il giovane, ma perché sia stato sottoposto a un trattamento tanto brutale. Accertare che cosa sia davvero accaduto il 25 gennaio scorso, giorno della scomparsa, mentre andava a raggiungere alcuni amici. Sapere quando è stato davvero ritrovato il suo corpo, tenendo conto che fino a due sere fa l’Egitto ha negato qualsiasi tipo di collaborazione con l’Italia. E ha rivelato che il giovane era morto, soltanto dopo la minaccia di una rottura delle relazioni tra i due Paesi, mentre era nella capitale la ministra per lo Sviluppo economico Federica Guidi. Il sospetto è che il ritrovamento del cadavere di Sergio nel fossato sulla strada che va dal Cairo ad Alessandria possa essere soltanto una messinscena. Il depistaggio di una «squadra» dei servizi di sicurezza locali che lo avrebbero catturato nel corso di una retata e poi ucciso.
Carceri e ospedali
Per cercare di riannodare i fili di questa agghiacciante storia bisogna tornare al 31 gennaio, quando la Farnesina dà la notizia della scomparsa dello studente. Da giorni l’ambasciatore italiano Maurizio Massari sollecita informazioni, insiste per sapere che cosa si stia facendo per rintracciarlo. I suoi interlocutori si limitano a riferire che le ricerche negli ospedali e nelle carceri hanno dato esito negativo. Ma non appaiono convincenti. L’unica strada appare dunque quella di uscire allo scoperto, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni fa diramare una nota ufficiale. L’ipotesi che Giulio Regeni sia nelle mani di un corpo di polizia appare la più probabile visto che proprio il 25 si celebrava il quinto anniversario della rivolta contro il regime di Hosni Mubarak e i «rastrellamenti» erano stati intensificati. I contatti diplomatici continuano, ma l’esito è ancora negativo.
La delegazione
Due giorni fa una delegazione di circa sessanta imprenditori guidata dalla ministra Guidi arriva al Cairo. Uno degli argomenti dei colloqui bilaterali è naturalmente la sorte del ragazzo. All’improvviso si sparge la notizia di un rientro anticipato per motivi di sicurezza. Dopo un’ora si scopre che la realtà è ben diversa: le autorità egiziane fanno sapere di aver ritrovato il cadavere in un fossato. In Italia viene spiegato che «per motivi di opportunità» è stato deciso di interrompere la missione commerciale. Si comprende che la tensione è altissima. Nessuno crede – nonostante la versione fornita dal direttore dell’Amministrazione generale delle indagini di Giza, il generale Khaled Shalabi – che Giulio Regeni sia morto in un incidente stradale. Anche perché si accerta quasi subito che il suo corpo presenta segni di torture e percosse.
Il doppio canale
Ieri mattina la possibilità che si arrivi a una crisi diplomatica appare concreta. Le autorità egiziane continuano a fornire versioni contrastanti, soprattutto rifiutano di dare dettagli sul ritrovamento del corpo. Sui media locali si accredita la possibilità che a far scoprire il cadavere sia stata una telefonata anonima. È una tesi che non ha alcun fondamento. Prende corpo il sospetto che il giovane sia stato ucciso già da diversi giorni e poi fatto ritrovare lontano dalla capitale proprio per sviare le indagini. Mentre Renzi parla con il presidente Al Sisi, Gentiloni a Londra tratta con la delegazione. Poche ore dopo viene restituita la salma e arriva il via libera all’indagine congiunta tra le polizie dei due Paesi. È il primo passo, ottenere dati concreti non sarà semplice. La verità sulla fine di Giulio Regeni appare ancora lontana.