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 2015  novembre 29 Domenica calendario

Il silenzio di Orfini e Renzi che punta tutto su Marchini. Operazione “dimenticare il Pd”

La marcia sul Campidoglio di Matteo Renzi corre su due binari paralleli. E ha due alleati di ferro: Matteo Orfini e Alfio Marchini. Con il primo, il presidente del Consiglio ha siglato il “patto dell’immobilismo”. Con l’altro ha stabilito un filo diretto. Un contatto che deve restare segreto, almeno per un po’. All’outsider della Roma bene ha dato solo un consiglio: avanti così. Il progetto è maturato all’indomani della sfiducia a Ignazio Marino. Con il commissario del Partito democratico, Renzi è stato piuttosto duro: la missione di portare a casa lo scalpo del sindaco marziano è stata a dir poco fallimentare, l’unico modo in cui si è riusciti a buttar giù Marino è stato raccogliere le firme insieme al centrodestra. Tra i 26 firmatari della mozione c’era anche Alfio Marchini. Il suo, di nome, è arrivato per ultimo.
Marchini quel giorno era a Milano, il suo telefono non ha smesso di squillare un secondo. E i democratici si sono convinti a voltare le spalle a Marino solo quando hanno avuto la certezza che l’erede della dinastia dei Calce&Martello, i costruttori “amici” del Pci, avesse fatto rientro nella Capitale. Il provvidenziale ritorno, sia chiaro, non è stato dimenticato. Così, a quel che resta di Matteo Orfini, il segretario nazionale del partito ha fatto un discorso chiaro: meriteresti di andartene (e Orfini, per la verità, avrebbe gradito assai mollare le grane romane), invece devi restare: non possiamo permetterci né un congresso né l’arrivo di un altro commissario, qui l’unica cosa da fare è mantenere il profilo più basso possibile.
L’operazione “dimenticare il Pd” è cominciata così. E Orfini, va detto, la sta conducendo a pieno titolo: nessun incontro con i presidenti di municipio, nessun vertice con i parlamentari romani, solo un incontro in un circolo, l’altroieri sera (drammaticamente riassunto nella frase immortalata da un video di Repubblica: “Passate tre quarti del vostro tempo a discutere sui social di cazzate. Se qui pensiamo che Facebook è la città, non abbiamo capito un cazzo né della città né di Facebook”). Insomma, Orfini a un mese esatto dalla caduta del sindaco Pd, non ha messo in piedi nemmeno una iniziativa di discussione sul futuro di Roma e si è limitato a litigare (via social pure lui) con il blog Romafaschifo e con i grillini su Ostia.
Tutti nel partito si chiedevano perché. Lo hanno capito la settimana scorsa, quando – seppur in maniera non ufficiale – ha cominciato a circolare la voce di un incontro tra Renzi e Marchini. Il contatto c’è stato.
E l’ambasciatore si chiama Francesco Rutelli. L’ex sindaco ieri, con l’iniziativa Prossima Roma, ha reso pubblico il lavoro che è iniziato già nelle scorse settimane: Renzi ha affidato a lui – uomo di relazioni trasversali, profondo conoscitore della città – il compito di sbrogliare la matassa capitale. Rutelli si sta dando da fare. E ieri ha specificato la faccenda: “Offriamo certamente un contributo al Partito democratico – ha detto – Ma se il Pd non ce la dovesse fare queste energie andranno incanalate in un soggetto civico”.
Ecco, il punto è proprio questo: il Pd non solo non ce la può fare (le faide interne al partito, il processo su Mafia Capitale che incombe) ma nemmeno ce la vuole fare. Renzi ha già deciso che a Roma la sua unica chance per non soccombere all’avanzata grillina è affidarsi al manager, il volto nuovo, il Nazareno che può convogliare consenso anche dal generone romano.
La traduzione l’ha affidata sempre a Rutelli, ieri: “Io non mi pronuncerò per nessun candidato che non abbia intorno a sé almeno cento persone capaci, che abbia con sé queste energie”. A destra se ne sono già accorti: “Cosa c’entra Marchini – ha detto ieri il forzista Francesco Giro quando lo ha visto da Rutelli – con Causi, Morassut e i dirigenti del Pd? Non era la vecchia politica?”. Marchini si tiene alla larga, dice che lui, le primarie del Pd, non le farà mai. Ma chi le vuole?