ItaliaOggi, 28 novembre 2015
I conti in rosso dell’Arabia Saudita
È allerta sulle finanze dell’Arabia Saudita, grande potenza petrolifera, primo produttore e esportatore mondiale di petrolio, capofila dei paesi dell’Opec, l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio.
La caduta del prezzo dell’oro nero, quest’anno mette di fronte il paese mediorientale a un deficit pubblico abissale, pari al 21% del proprio pil 2015, secondo le proiezioni del Fondo monetario internazionale (Fmi).
Negli ultimi 18 mesi è scesa del 60% la quotazione al barile del greggio, materia prima che assicura la quasi totalità delle entrate del regno saudita. Il governo che privilegia la stabilità sociale cerca di rispondere a questa sfida economica e finanziaria.
Nonostante il paese possieda riserve in valuta per 600 miliardi di dollari (566 miliardi di euro) queste, al ritmo attuale di spese, potrebbero esaurirsi nel giro di cinque anni, secondo l’Fmi che ha lanciato l’allarme. La situazione preoccupa anche le agenzie di rating. Standard & Poor’s ha abbassato il rating al regno.
Il paese saudita conta all’incirca 30 milioni di abitanti e deve sopportare considerevoli oneri per l’importante numero di funzionari pubblici, e vive ormai sopra le proprie possibilità.
Il governo non esclude l’adozione di misure di austerità anche se dispone di pochi margini di manovra per ridurre il deficit. Il governo comunque non è stato capace di anticipare manovre in grado di evitare questa caduta economica finanziaria. Anzi. Quest’anno, a gennaio, per festeggiare il suo insediamento, il nuovo re Salmane, ha deciso di premiare tutti i funzionari pubblici con un premio che, in totale, alle casse del regno è costato la cifra astronomica di 28 miliardi di euro, circa il 4% del pil. Una mossa che ha contribuito a peggiorare il deficit.
Inoltre, è aumentata la spesa per evitare il rischio di sommosse sociali nel periodo delle cosiddette primavere arabe del 2011. Inoltre, una parte considerevole delle spese, pari al 10% del pil, è assorbito dal generoso regime delle sovvenzioni. L’ energia, il prezzo del carburante, e l’acqua sono fortemente sovvenzionati come le importazioni dei prodotti alimentari.
Se le autorità sono consapevoli dell’insostenibilità del sistema, la questione è molto sensibile dal punto di vista politico.
La pressione sociale diventa sempre più forte dal momento che ogni anni arrivano sul mercato del lavoro 400 mila persone con una crescita annuale della popolazione attiva del 3,5% l’anno secondo l’Fmi contro i 90 mila che il settore privato è in grado di assorbire ogni anno. Il numero dei senza lavoro è in continuo aumento, soprattutto fra i giovani (30% di disoccupati fra gli under 25), anche perchè il governo ha bloccato le assunzioni nel settore pubblico.
La crescita media del pil fra il 2011-2014 era attestata intorno al 5,3% scenderà al 2% circa l’anno prossimo, assolutamente insufficiente per lo sviluppo del paese.
Il governo ha deciso di tagliare alcuni progetti in materia di infrastrutture e fisco, prevedendo l’imposizione di imposte finora quasi inesistenti nel paese, ad eccezione della zakat, una tassa religiosa minima. Inoltre, Riyad rivedrà al ribasso il regime delle sovvenzioni e potrà decidere di finanziarsi sul mercato dei capitali entro la fine del 2015 l’Arabia Saudita prevede di emettere l’equivalente di 40 miliardi di dollari sul mercato locale. Ancora: nel tentativo di diversificare l’economia il governo intende sviluppare il settore privato e per questo ha lanciato un programma di privatizzazioni, che arriva dopo dieci anni di annunci vanificati dalla sclerosi del sistema politico.