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 2015  novembre 28 Sabato calendario

«Moi, je suis Cathrine Deneuve». L’autoironia dell’ultima diva francese

 «L’ironia aiuta a vivere, non mi prendo mai sul serio, è qualcosa che ho ereditato da mio padre». Il suo nome evoca un’attrice raffinata ma inavvicinabile, l’ultima vera diva francese, che ha interpretato tutti i ruoli possibili, accanto ai grandi registi, mantenendo attraverso il film la sua immagine sexy ma algida, tipicamente parigina. Catherine Deneuve è molto diversa dall’icona che si è costruita nella lunga carriera. «È vero: molte persone rimangono sorprese quando mi incontrano, soprattutto dalla mia voglia di ridere e sdrammatizzare le situazioni». La sublime Deneuve, che continua a girare ogni anno nuovi film, spesso dando fiducia a giovani registi, è una donna divertente, che ama ridere e scherzare anche sui suoi difetti. Come sul vizio del fumo, l’attrice arriva in un hotel del sesto arrondissement e vuole sedersi ai tavolini fuori nonostante il freddo.
Posa il pacchetto di sigarette. «Mia madre è ancora viva a 104 anni, di qualcosa bisogna pur morire», ironizza Deneuve.
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© LIZ O. BAYLEN/ LOS ANGELES TIMES/ CONTOUR IL FILM
Nel film “Dio esiste e vive a Bruxelles” Catherine Deneuve interpreta l’insolito ruolo di una donna che ha un colpo di fulmine per un gorilla
L’ABBIAMO incontrata prima degli attentati di Parigi per parlare di una piccola, esilarante commedia, da consigliare come antidoto alla cupezza di questi giorni. «Amo le commedie, anche se ne ho fatte meno di quanto avrei voluto. Non mi sono mai posta obiettivi di carriera, ho sempre seguito l’istinto. Magari certe volte ho sbagliato, qualche delusione c’è stata ma nulla di veramente significativo. Sono fatalista. Più che nelle interviste, penso di raccontarmi attraverso i film che ho fatto, è una sorta di lungo autoritratto e non è ancora finito».
In Dio esiste e vive a Bruxelles di Jaco Van Dormael, l’attrice interpreta una borghese che finisce nel letto con un gorilla. È solo una delle tante scene deliranti di questa sceneggiatura in cui si immagina la giovane figlia di un Dio, interpretato da Benoît Poelvoorde, fare un dispetto al padre: la ragazzina entra nel computer di Dio e manda un sms ai cittadini della capitale belga per annunciare il giorno della loro morte. Un gesto che manda in tilt diverse esistenze che si incrociano nel Nuovo Testamento raccontato come una favola dal regista con inconfondibile umorismo belga.
«Ogni paese ha la sua cultura umoristica. Sono appassionata di Groucho Marx, le sue memorie sono uno dei libri più divertenti che abbia mai letto. Talvolta riprendo alcuni passaggi per tirarmi su di morale. Poi amo l’umorismo italiano, un po’ nero, come I Mostri di Dino Risi, oppure quello più intellettuale di Nanni Moretti. Forse sono proprio gli italiani che mi fanno ridere di più, perché sono cattivi ma anche divertenti». Una miscela che bisogna saper dosare. «L’ironia che punta a ferire non mi piace», aggiunge Deneuve. «I belgi sono meno cattivi, un po’ più surreali, con delle trovate spiazzanti».
Il regista di Dio esiste e vive a Bruxelles ha raccontato lo stupore per la risposta immediata di Deneuve quando le ha proposto di recitare nel film in un piccolo ruolo non protagonista. «Se una sceneggiatura mi piace, non ci penso due volte. In questo caso, dovevo interpretare uno dei dodici apostoli: una proposta che non si riceve ogni giorno».
Durante le riprese, ha spiegato sempre il regista, la diva francese ha fatto squadra con tutti, senza mai darsi arie e non ha avuto alcun problema nel svestirsi per la scena di adulterio. «Ogni film è co- me una prima volta, adoro vivere sul set» spiega l’attrice. Nella pellicola è Martine, una signora borghese un po’ disperata che il marito non degna neppure di uno sguardo. «Si annoia molto, ha avventure senza alcun trasporto e poi all’improvviso un batticuore». Deneuve consuma un amante un po’ particolare, dorme con un gorilla di cui si innamora perdutamente. Un amour fou, a cui l’attrice crede molto. «Sono colpi di fulmine che dall’esterno risultano incomprensibili. Nel film è caricaturale, ma nella vita succede davvero, magari non con un gorilla».
Con le sue tre sorelle, Deneuve è stata cresciuta in una famiglia in cui bisognava praticare l’autoironia, rimettendosi sempre in discussione. «Fa parte del mio patrimonio genetico. Cerco di non essere suscettibile, anche perché significa perdere tempo ed energia». Deneuve è cresciuta nel cinema. «Non smetterò mai. Certo non posso fare gli stessi film di venti o trent’anni fa, lo dico senza nessuna malinconia. Anzi, ho l’impressione di evolvere insieme ai copioni che scelgo». Ci sono occasioni mancate come il film di spionaggio in Europa che doveva girare con Alfred Hitchcock prima che morisse. E ci sono ruoli che le sono rimasti incollati addosso come Bella di giorno di Luis Buñuel. «Sono convinta che ancora oggi ci sono grandi registi. Purtroppo il cinema italiano non è più distribuito all’estero come una volta», osserva Deneuve ricordando l’epoca d’oro delle coproduzioni italo-francesi che hanno segnato anche il suo incontro con Marcello Mastroianni. «È stato un periodo fantastico. Ho girato con Bolognini, e poi Monicelli che adoravo».
La commedia di Van Dormael affronta temi seri come la vita, la morte, la religione, in modo leggero e farsesco. «Nella vita non è così semplice, ma bisogna provarci. E vederlo al cinema è liberatorio». C’è il momento in cui il telefono suona e il personaggio di Deneuve legge la sua morte annunciata. «Una scena che adoro. Ci abbiamo tutti pensato una volta: cosa farei se mi dicessero che domani, tra un anno, o tre anni, morirò? Ho sempre pensato che sarebbe orribile, e nel film difatti è così. La vita diventa un incubo, un terribile conto alla rovescia, mentre io penso al presente, agli eventi che non si ripetono, all’incertezza che alimenta nuovi desideri». Deneuve ama la vita e innamorarsi. «Posso avere dei formidabili colpi di testa, non mi spaventa. Quando accade mi lascio trasportare, è formidabile, no? Non bisogna mai giudicare dall’esterno una coppia, è un’alchimia misteriosa».
Il Dio del film è irascibile, volgare. «Mi è piaciuto il coraggio di immaginarlo così, ma sapevo che Poelvoorde è talmente bravo da non renderlo insopportabile. Alla fine, è un Dio che fa simpatia». Il rapporto con la religione per Deneuve è complicato. «Era a scuola dalle suore e ho ricevuto un’educazione cattolica tradizionale. Mi ha pesato», confida l’attrice, «diventare madre molto giovane. Mi è rimasto il rigetto per una cultura religiosa che tende a colpevolizzare. E mi sono ribellata presto. Non ho voluto che i miei figli fossero battezzati». L’attrice non è atea, ma ha una fede intima e che non corrisponde alle religioni monoteiste. «Per me Dio non è uno solo».