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 2015  novembre 27 Venerdì calendario

A Dubai, gli infelici devono renderne conto alla polizia

A Dubai chi non è felice potrebbe ricevere una telefonata dalla polizia e dover spiegare il motivo della sua insoddisfazione. Questa misura, dal retrogusto orwelliano, è il seguito dell’iniziativa «Happy City» lanciata al Gitex, l’expo tecnologico di Dubai. La polizia ha inviato ai cittadini un Sms: «Lo sceicco Mohammed Bin Rashid Al Maktoum (premier degli Emirati) è interessato alla tua opinione: clicca per rispondere» con un link per scaricare l’app. Basta scegliere una faccina allegra, neutra o triste per esprimere la propria opinione e permettere alle autorità di monitorare il gradimento dei cittadini.
In questa occasione hanno risposto in circa 200mila: l’84 per cento si è dichiarato felice, il 6 per cento indeciso e il restante 10, infelice. E qui nasce il problema. Proprio questi ultimi, gli insoddisfatti, saranno ora contattati dalla polizia locale per un approfondimento, soluzione che osservatori come il sociologo inglese William Davies, autore del saggio The happiness industry, trovano alquanto intimidatoria. Dubai è la prima città al mondo a lanciare una misurazione costante dell’umore degli abitanti: i dati inviati dall’app durante l’anno saranno impiegati per stilare report giornalieri consultabili dalle autorità. L’obiettivo è rimuovere ciò che ostacola l’ascesa degli Emirati Arabi Uniti nelle classifiche internazionali sulla felicità: attualmente hanno il gradimento più alto tra le nazioni arabe, ma solo la 20ª posizione nella classifica globale del World Happiness Report 2015, dove il podio è presidiato da Svizzera, Islanda e Danimarca. Lo sceicco ha dichiarato che questa iniziativa è oggi necessaria, perché valutare la soddisfazione dei cittadini su base soltanto annuale o semestrale non ha più senso in un mondo dove tutto cambia rapidamente. Un’indagine del quotidiano Khaleej Times presso i suoi lettori segnala tra i possibili motivi di insoddisfazione gli alti costi degli affitti e dei servizi come la sanità e l’istruzione, in rapporto ai salari medi.