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 2015  novembre 27 Venerdì calendario

Alla ricerca di Salah, che viene segnalato ovunque ma che non sta da nessuna parte. O forse è ancora a Molenbeek

Anche le storie complicate si possono raccontare con una immagine semplice. Quella di una ragazza che risponde gentile dal balcone al primo piano del palazzo nella Place Comunale di Molenbeek, e quando scende ad aprire il portone per chiedere il congedo dei seccatori, cioè del mondo intero, si rende conto degli sguardi fissi su di lei e con un gesto istintivo di protezione si copre il viso con le mani. È impossibile non notare la somiglianza. La più piccola dei quattro fratelli Abdeslam, l’unica femmina, assomiglia come una goccia d’acqua a Salah, il grande ricercato, l’uomo che manca per tentare davvero di mettersi alle spalle la strage di venerdì 13, o almeno provarci.
Come se fosse ancora qui, nel sobborgo della capitale belga diventato simbolo di ogni integrazione mancata, nascondiglio ideale di terroristi in sonno o attivi. Ieri la Procura federale ha posto il timbro di credibilità alla testimonianza di un suo anonimo amico che al quotidiano Le Capital aveva detto di averlo incontrato la sera di martedì 18 novembre, cinque giorni dopo gli attentati. «È a Molenbeek, ma non per molto ancora». I magistrati hanno ottenuto l’identità del testimone, gli hanno chiesto dettagli. Vero, o verosimile, è stata la loro conclusione.
«Petit voyou», piccolo delinquente. Salah Abdeslam viene ricordato così dai suoi concittadini. Orfano di padre manesco dalla prima adolescenza, a 21 anni viene arrestato per aver rubato dal registratore di cassa di un garage calandosi dal tetto. Il cattivo della famiglia, considerato un ragazzo e poi un uomo difficile, era Brahim, il secondo fratello maggiore, che si è fatto saltare per aria in Boulevard Voltaire. «Passavano insieme da un fallimento all’altro», ha raccontato Ahmed El Khannouss, vicesindaco di Molenbeek.
Brahim apriva una attività e si tirava dietro Salah. L’ultima, il bar Les Beguines, viene chiusa per spaccio di droga il 3 agosto. A quel tempo l’uomo più ricercato d’Europa si è già radicalizzato. Non fuma e non beve più. Una mutazione cominciata nel marzo del 2015. In che modo e dove sia avvenuta, è solo un altro dei suoi misteri. Ma lui e Brahim figuravano nella lista degli 85 nomi che l’antiterrorismo belga aveva inviato la scorsa primavera al Comune di Molenbeek chiedendo informazioni. Senza mai ottenerne alcuna. Il 9 settembre viene fermato al confine tra Austria e Germania. Dice che sta andando in vacanza. Lo lasciano andare.
Il 10 novembre noleggia una Polo e una Clio. Sono due delle tre auto usate dal commando per la strage. Il giorno seguente è alle porte di Parigi. Alle 19 la telecamera di un distributore della A1, l’autostrada che collega Belgio e Francia, lo riprende sulla Clio con Mohamed Abrini, presunto artificiere del gruppo. Ma alle tre di notte i due uomini sono di nuovo a Bruxelles, visti accanto a una Seat, che verrà poi usata per fare strage nei ristoranti, e alla Clio. Avanti e indietro, insomma. Ma la sera degli attentati Abrini si trovava nella capitale belga. Da allora nessuno ha più avuto sue notizie. Mentre Salah Abdeslam è al volante della Clio da dove un’ora prima degli attacchi scendono i tre kamikaze dello Stade de France. Alcuni testimoni lo riconoscono come uno dei tiratori che spara nei locali nell’undicesimo arrondissement. Durante gli attacchi, Abdeslam chiama con una nuova Sim i suoi amici Hamza Attou e Mohammed Amri, per chiedergli di andare a riprenderlo. Il suo ripensamento avviene allora, sostiene il testimone anonimo. «Ha capito di essersi spinto troppo in là».
Abdeslam vaga nella metro di Parigi per quasi un’ora con indosso una cintura esplosiva. Alle 22.30 il suo telefonino viene «agganciato» a Montrouge, 5 chilometri di distanza dal luogo dove verrà poi ritrovato l’ordigno, gettato in un cassonetto. È completamente fuori rotta rispetto al XVIII arrondissement, il luogo dove avrebbe dovuto colpire. Alle 9 del mattino la polizia francese lo ferma in compagnia di Attou e Amri a Cambrai, quasi al confine belga. Gli controllano i documenti. Venti minuti di attesa. È noto alle forze dell’ordine come «36.2», soggetti schedati per reati comuni. Ma stanno cercando i «36.3», sospetti di terrorismo. Prego, può continuare. Salah Abdeslam viene segnalato ad Anderlecht, in Germania, in Spagna. Ovunque e in nessuno luogo. Oppure a Molenbeek.