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 2015  novembre 24 Martedì calendario

Continua il processo alla coppia dell’acido. Gherardo Barbini, il padre di Pietro, ricorda: «Ho visto un ragazzo e una ragazza. Erano Levato e Boettcher. Lui la incitò a raggiungere mio figlio. Lei gli lanciò per due volte acido in volto. Poi Boettcher seguì Pietro con un martello in mano»

Fermo, dignitoso, senza un tentennamento. «Il viso di mio figlio è devastato dall’acido, come il suo morale», ha detto Gherardo Barbini, sentito come teste dai giudici dell’undicesima sezione penale del Tribunale. Suo figlio, Pietro fu aggredito il 28 dicembre scorso.
L’imputato è Alexander Boettcher, già condannato a 14 anni con la compagna Martina Levato. Ora è chiamato a rispondere di altre aggressioni, fatte nel novembre 2014.
Gherardo Barbini, presente in quando il figlio fu sfregiato, ha ricostruito la dinamica dell’aggressione. In aula, nel pubblico, anche la moglie in lacrime. Non c’era Pietro, 23enne, che vive e studia a Boston. «Ho visto un ragazzo e una ragazza. – ha riferito il teste ai giudici – Erano Levato e Boettcher. Lui la incitò a raggiungere mio figlio. Lei gli lanciò per due volte acido in volto. Poi Boettcher seguì Pietro con un martello in mano». Il fatto che l’imputato fosse armato ha spinto alcuni dei legali di parte civile a suggerire la contestazione del tentato omicidio, oltre alle lesioni gravissime. Il pm farà le sue valutazioni.
Gherardo Barbini ha raccontato le ragioni che lo spinsero ad accompagnare Pietro all’appuntamento che si rivelò una trappola: «Aveva ricevuto diverse telefonate» nei giorni precedenti, che «anticipavano la consegna di un pacco», per questo «ho avuto un cattivo presentimento». L’inchiesta ha chiarito che Boettcher e Levato, con il complice Andrea Magnani, avrebbero attirato Pietro per sfregiarlo. Il giovane, ex compagno di liceo di Martina, aveva avuto con lei un incontro sessuale. La coppia decise di «punirlo», per «purificare» Martina, «nel frattempo rimasta incinta di Boettcher», come ricostruito dal pm Marcello Musso. Il padre di Pietro ha raccontato di avere interpretato il lancio di liquido come «uno scherzo di amici buontemponi». Quando Pietro si mise a urlare, e atterrò Boettcher con una mossa di judo, fu Gherardo a disarmare Boettcher. «Mio figlio lo teneva, io gli ho tolto il martello».
Il padre ha riferito che «da allora la vita di Pietro è cambiata, come la nostra». Il ragazzo, «da un occhio vede bene, non dall’altro. Dovrà sottoporsi ad altre operazioni».
Fu grazie al coraggio di Gherardo Barbini che Boettcher venne arrestato. «La testimonianza del padre di Pietro è solida e coerente – dice Paolo Tosoni, legale di parte civile – toglie ogni dubbio sulla ricostruzione dei fatti». La difesa di Boettcher si è detta «umanamente vicina a Pietro» e ha rinunciato a volerlo sentire.
Un’amica di Martina in aula ha sostenuto che Boettcher condizionasse i comportamenti della Levato, contro la sua volontà. Ha ricordato di come «lui la costrinse a baciare un gatto, di cui lei aveva paura».
La prossima udienza è fissata per il prossimo 11 dicembre. Oggi, intanto, prenderanno incarico i periti nominati dal Tribunale per i minorenni, che dovrà decidere se il figlio di Levato e Boettcher debba o meno essere dato in adozione.