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 2015  novembre 01 Domenica calendario

Quando i serial killer diventano leggenda. A Londra apre un museo dedicato a Jack lo Squartatore e a Las Vegas ce n’è uno interamente dedicato ai criminali che hanno fondato la città, «che vi piaccia o no, è storia americana»

Diventare leggendari per aver ucciso alcune povere donne nella Londra fumosa e caotica di fine ottocento. Tanto che alle proprie gesta è stato appena dedicato un museo apposito, aperto tra mille polemiche perché al di là della versione romanzata che nei secoli ha segnato l’immaginario di tanti curiosi, spettatori e lettori la verità è che Jack lo Squartatore ha smembrato orribilmente almeno cinque ragazze e che se questa storia criminale e misogina poteva affascinare in passato, oggi non tutti sono d’accordo nel vederla celebrata ancora una volta. Fatto sta che gli organizzatori del Jack the Ripper Museum devono aver badato più al successo commerciale che ai contenuti, visto che l’edificio nell’est di Londra doveva essere inizialmente destinato ad un museo delle donne del quartiere e che lo stesso architetto che ha fatto il restauro ha dichiarato che se avesse saputo qual era il progetto reale «non si sarebbe neanche avvicinato».
Whitechapel è associata a Jack lo Squartatore, ma anche a molte altre cose: è lì che sono nati molti movimenti femministi, come ricorda il recente film Suffragettes con Carey Mulligan. Insomma, ce n’era da raccontare, mettendosi magari all’avanguardia su un tema sempre più sentito – la storia delle donne – che prima o poi una città come Londra dovrà affrontare.
ANIMA NERA
Ma, per far pagare le 12 sterline d’ingresso, è sempre meglio puntare su una storia eterna e di sicuro impatto come quella dell’assassino vittoriano per eccellenza, anima nera di un’epoca moralista e già profondamente morbosa: nel 1888 la gente faceva pellegrinaggi sui luoghi del delitto per cercare di cogliere una traccia di sangue, un sussulto di orrore. Una sensazione che il museo vuole ricreare dedicando ben cinque piani al compito di portare il visitatore «nel mondo di Jack Lo Squartatore e scoprire i suoi crimini attraverso gli occhi delle donne che sono state sue vittime». L’idea che una visita al museo sia «educativa, divertente e spaventosa» non ha convinto la stampa e i critici e in particolare il lancio dell’evento di Halloween in cui si esorta il pubblico ad andarsi a fare un selfie con una copia del corpo mutilato di Catherine Eddowes, una delle povere vittime, oppure accanto ad una delle tremende foto delle autopsie è stato accompagnato da numerose proteste. Ma neppure gli appassionati sono soddisfatti dell’accuratezza del museo e si sono già scatenati a trovare errori, a partire dal fatto che la ricostruzione dello studio dell’assassino fa pensare ad un uomo di estrazione borghese, cosa tutt’altro che confermata.
POSSESSO
Perché nei confronti delle figure criminali diventate vere e proprie leggende, da Al Capone a Bonnie and Clyde, a Billy the Kid o a Henri Landru, il francese che uccideva donne, fino a Pablo Escobar, i fan spesso sviluppano un senso di familiarità che talvolta sfocia nella possessività. Anche nei confronti dei criminali ancora vivi, come dimostra l’attivissimo fan club di Charles Manson, dove si vendono giacche con il suo volto. Quando nella seconda metà degli anni ’90 le autorità di Chicago decisero di chiudere il museo di Al Capone, ritenendolo una trappola per turisti che faceva poco onore alla città, qualcuno aprì un sito per raccogliere tutte le informazioni e il materiale che prima era in esposizione e creando un luogo di incontro per tutti coloro che hanno il culto di Capone e che vanno ancora a mettere un fiore o un sigaro sulla sua tomba, si contendono il suo revolver ad un’asta da Christie’s oppure comprano una sua foto autografata per 10mila sterline.
Anche Bonnie e Clyde hanno il loro museo, che sorge sul luogo dell’imboscata in cui sono morti, a Gibsland, e ogni anno c’è anche un festival in loro onore. La stele in pietra che li commemora è stata distrutta dai colpi di arma da fuoco e il loro mito, reso immortale dal film con Warren Beatty e Faye Dunaway, rimane quello di due persone libere, che invece di farsi fagocitare da un mondo in crisi economica hanno deciso di rispondere, a modo loro. Finendo con l’essere come Jack lo Squartatore, Al Capone, Billy the Kid, Pablo Escobar e tutti i grandi criminali della storia una sorta di immagine in negativo della loro epoca, proprio per questo particolarmente intensi e rappresentativi. Come spiega il Mob Museum di Las Vegas, istituzione interamente dedicata ai criminali che hanno fondato la città, «che vi piaccia o no, è storia americana».