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 2015  novembre 01 Domenica calendario

Aldo, Giovanni e Giacomo festeggiano 25 anni di sodalizio con un tour che li porterà anche all’estero

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È difficile convivere in tre nello show business senza darsi spinte, essere sempre il 33,33% del tutto. Eppure Aldo, Giovanni e Giacomo sono uni e trini da 25 anni (da una sera del novembre ’91 in un locale del Varesotto) e la ricorrenza merita di essere adeguatamente, pur se sempre scherzosamente, festeggiata. Con uno show live che celebri la loro sintonia con i pezzi cult di una carriera che parte dalla tv e poi circumnaviga teatro e cinema. E per Giacomo anche la letteratura: è uscito da Mondadori il fantasy spirituale Al Paradiso è meglio credere.
Votati all’unanimità, a patti chiari (io faccio passare uno sketch a te, tu ne fai passare uno a me), prenderanno forma schizzi che rendono surreale ma riconoscibile la realtà. «Il vero debutto fu nell’89 alla Sala Fontana, ma Giacomo era solo il rumorista», dice Aldo. «Effetti speciali, prego», ribatte Giacomo. Si innesta il triplice botta e risposta, tre slang e intonazioni ormai famosi, andando pesanti di amarcord. Cambiata la comicità? «Solo l’energia, lo stile no. Al massimo si controlla che con l’età reggano le cartilagini». Mutato il pubblico? «A noi pare di no, solo che i nostri fan si portano i figli». Si restaurano gli sketch come film? «Qualcosa va modificato, alcune battute sono vintage, il lessico va veloce, ma la sostanza rimane: urge tagliare, perché dobbiamo fare spazio a Silvana Fallisi, al posto della Massironi ma con una sua diversa personalità. Andasse male sarà tutta colpa sua».
Non sembra che debba andar male: in poche ore sono stati venduti migliaia di biglietti per il tour che partirà da Vigevano il 9 marzo (poi 17 tappe, con sosta a Milano l’11, il 12 e il 13 maggio al Mediolanum Forum) con acuti di humour celebri che hanno scavalcato il tempo: dall’epico kolossal Pdor (preferito di Aldo), alla Montagna (per cui va matto Giovanni), dalla Macchina (cult di Giacomo), ai Gemelli (o Feti?); poi la Scuola di polizia, il dr. Alzheimer, la Scuola di siciliano, Museo d’arte moderna, il Bancomat, mescolati con spezzoni di film e tv: «Massimo due ore con intervallo e con due grandi schermi perché gli spazi sono enormi, per avere migliaia di spettatori a sera, così il tour si accorcia e stiamo di più in famiglia». C’è un serbatoio immenso da cui pescare: il loro produttore storico Paolo Guerra precisa: «Lo show sarà ripreso solo per un dvd celebrativo, non per la tv». Al regista Arturo Brachetti il compito di allestire lo show: «La scenografia sarà un grande luna park, per metà vero e metà digitale e con noi ci sarà l’orchestra dei Good Fellas». Spiegano: «Facciamo questo peccato di nostalgia perché i giovani ce lo chiedono, non ci hanno mai visti dal vivo e a noi sorprende che si divertano come i loro padri. 25 anni sono tanti ma siamo fedeli a un ideale surreale, alla gioiosa follia di un lavoro di gruppo in omaggio al quale pensiamo anche per il film del Natale 2016, magari parlando del tempo che passa».
Maturi? Restringe da cinico Aldo, classe 58, un anno meno di Giovanni, due meno di Giacomo: «Io mi dissocio, ho sempre detto che questo mestiere l’ho fatto per non lavorare e alzarmi tardi la mattina». Apre all’ispirazione poetica Giovanni: «Macché, è un grande gioco energetico in cui è un piacere esercitare la fantasia». Insinua colpa, dolore e peccati, Giacomo, che ha l’esclusiva della coscienza: «Penso ci sia nel lavoro anche una sofferenza morale e materiale, che abbiamo sempre diviso in parti uguali per sentirla meno».
Ma la sorpresa è che il trio con questo tour espatria: il 25 aprile sono all’Eventim Apollo di Londra, il 27 al Cirque Royal di Bruxelles, il 30 a Barcellona, il 2 maggio a Zurigo. «Tutto rigorosamente senza traduzione o sottotitoli. Abbiamo la presunzione di credere che la nostra mimica comica sia comprensibile e contiamo molto sulle comunità italiane: al massimo faremo i cretini, farfugliando qualche parola in inglese all’inizio. In fondo abbiamo subìto per 50 anni le loro canzoni senza capir niente. Ora tocca a loro».