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 2015  ottobre 13 Martedì calendario

L’ubriaco che ha preso l’autostrada contromano e ha sulla coscienza la vita di una donna di 34 anni

Leonor smette di ballare e guarda l’orologio, sa che non può chiedere a suo marito perché stasera lavora. Poche parole con le amiche, poi la buttano lì come se fosse la cosa più naturale del mondo: «Potremmo chiedere a Wiliam, magari ci viene a prendere e ci porta a casa».
Sono le 23 di domenica e questo gruppo di donne ha appena finito di festeggiare insieme ai propri bambini El dìa de la raza, la notte fra l’11 e il 12 ottobre – scoperta dell’America – che molti latinos di Genova celebrano quest’anno con un’iniziativa a ridosso della Lanterna. William Vasquez Melo, 33 anni, risponde al telefono, ma non ne ha voglia: ha bevuto, tanto, ha sniffato cocaina e però alla fine accetta. Si mette una maglietta e un paio di jeans, sale sul furgone scassato con cui ogni tanto fa traslochi, va a prendere Leonor Cabrera e le altre trasformando il suo Fiat Ducato in un pulmino. Poi guida senza senso per due-tre chilometri, finché i fari dell’auto che gli viene incontro non lo scuotono un po’ dal torpore che gli costerà il carcere: «Ho visto sì, ho capito che forse avevo sbagliato ed ero contromano, ma non c’era tempo». Non ce n’è, davvero, per evitare il camioncino di Abderrazak Ez Zine, un marocchino di 37 anni che vive in provincia di Vicenza e sta andando in porto per imbarcarsi e tornare dai suoi parenti. William che nemmeno prova a scansarlo, i due mezzi uno contro l’altro, uno accartocciato sull’altro a intrappolare i passeggeri e i conducenti, nove persone in tutto, tre uomini, tre donne, tre bambini fra i 2 e i 4 anni. Leonor è dietro con suo figlio, le foto scattate a notte fonda dalla polizia mostrano i passeggini disintegrati, due pupazzetti rimasti nel cassone aperto solo dai vigili del fuoco, prima che le ambulanze inizino la corsa verso l’ospedale Gaslini con i tre bimbi in gravi condizioni: loro sono fuori pericolo, anche se la prognosi è riservata come quella di altre due persone coinvolte nello schianto.
Leonor Cabrera invece resta sulla rampa dell’autostrada che le auto normalmente percorrono dopo aver pagato il pedaggio alla barriera di Genova ovest e Vasquez aveva impegnato al contrario. Leonor non ce la fa, muore a 34 anni nella città in cui viveva da oltre dieci, sebbene ultimamente le cose per lei non si fossero messe bene.
Aveva perso il lavoro, aveva trascorso un lungo periodo in Ecuador per rivedere gli altri due figli, nati da una precedente relazione, e nessuno adesso sa come dirlo a quello che lotta per sopravvivere al Gaslini. «Si stava impegnando per cercare una nuova occupazione – ricordano le amiche -. Ma l’altra sera aveva deciso di fare festa, un momento felice in mezzo a settimane non semplici». William Vasquez Melo è uno di quelli che dall’incidente esce meno ammaccato: lo vanno a prendere al pronto soccorso da cui lo dimettono con qualche cerotto, in un paio d’ore arriva l’esito degli esami. Positivo all’alcol test, con una concentrazione davanti alla quale gli stessi poliziotti restano allibiti: 2,5 grammi per litro, cinque volte oltre il limite. Poi la conferma sul consumo di stupefacenti, le accuse di omicidio colposo, guida in stato di ebbrezza, innumerevoli violazioni del codice stradale perché non poteva stipare così le persone sul suo furgone. Lo arrestano, lui non capisce ancora bene cosa gli è successo: «Ho sbagliato, l’ho intuito tardi. Ma come stanno gli altri?».