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 2015  ottobre 10 Sabato calendario

Colazione da Audrey Hepburn, filiforme ma pasta-dipendente

Una «bio-mamma» che amava zappettare nell’orto e curarsi dei fiori, con una sfrenata passione per il cioccolato e gli spaghetti al pomodoro, fan di Raffaella Carrà. Audrey mia madre, uscito in questi giorni in Italia per Mondadori Electa, è un inedito ritratto famigliare e gastronomico dell’icona Hepburn, tracciato dal secondogenito dell’attrice, Luca Dotti, con foto inedite e la rilettura del suo ricettario. Un vecchio quaderno di fogli dattiloscritti e appunti che si portano dentro i gusti dei posti che ha abitato: Inghilterra, Olanda, Svizzera e Italia. A Roma si era stabilita nel 1969, dopo il matrimonio con lo psichiatra Andrea Dotti e l’allontanamento dal grande cinema.
Il gusto della libertà
La prima colazione non la saltava mai, nemmeno nella giornata «disintossicante», quando, una volta al mese, mangiava solo yogurt bianco e mela grattugiata. Sul vassoio madeleines fatte in casa, pane tostato, caffè, latte, burro, gelatina di mele cotogne o marmellata di ciliegie, le sue preferite, preparate con i frutti dell’amato casale di campagna di La Paisible da una delle donne sarde della famiglia Orunesu che negli anni si sono succedute per aiutarla nel governo della casa. Tutte abili nel preparare i piatti del suo ricettario, dall’arrosto con i funghi alla Vichyssoise, seguendo la regola di abbinare gli ingredienti in modo da creare sempre pietanze colorate.
Le scorte di cioccolata nella credenza del salotto erano un’eredità dell’infanzia: «Aiuta a scacciare la tristezza» spiegava ricordando che durante le litigate tra i suoi genitori mangiava «unghie, pane e cioccolata». Ma avevano soprattutto il sapore della libertà. Da ragazzina erano state sette barrette regalatele da un soldato olandese, alla fine della guerra, a spezzare una stagione dolorosa di fame. E la torta al cioccolato era il suo piatto forte, quella dei compleanni. Con le amiche del cuore Connie Wald e Doris Brynner, moglie dell’attore Yul, faceva invece, fra le chiacchiere, scorpacciate di gelato.
A dispetto di un fisico filiforme, Audrey Hepburn «era dipendente» dalla pasta. La mangiava a casa e la chiedeva al ristorante, ne riempiva le valigie a ogni viaggio, con una predilezione per gli spaghetti con i pomodori del suo orto, congelati interi e usati poi tutto l’anno. Sono entrate nei menù di famiglia le linguine al pesto inventate per lo stilista Valentino Garavani, invitato a pranzo nello chalet di Gstaad. Sulle montagne dell’Oberland il basilico scarseggiava e dopo averne racimolato foglie in tutte le botteghe della valle, aveva deciso di integrarle con del prezzemolo, una variazione che divenne definitiva. Ai bambini che passavano per casa distribuiva «macaroni and cheese». «Le nostre feste non avevano nulla di hollywoodiano- racconta Dotti -, se si esclude la consuetudine del cinema fatto in casa. Durante le proiezioni di My Fair Lady nessuno, neanch’io che ero suo figlio, riusciva davvero a riconoscere in Eliza Doolittle la donna che ci riempiva il piatto di pizzette o pasta al forno. La prima volta erano sempre tutti un po’ intimoriti, ma ci mettevano poco a rendersi conto che lei era, banalmente, solo una mamma». La complicità fra loro due era consumata con un piatto di penne al ketchup davanti alla tv, a guardare varietà (aveva una passione per Raffaella Carrà) e telefilm: del preferito, Cuore e batticuore, non perdeva una puntata.
Dietro il tubino nero
La voglia di rivelare squarci di vita domestica è arrivata, spiega, in un momento preciso: «Appesa nella stanza del mio primogenito Vincenzo, un giorno, spuntò l’immagine iconica di mia madre nei panni di Holly Golightly riflessa nella vetrina di Tiffany-. “Cosa ci fa qui?” chiesi con una punta di rimprovero. “Ma papà – rispose lui implacabile – è la nonna!”. Così ho capito che dovevo raccontare ai miei figli chi si nascondeva dietro quel tubino nero e i grandi occhiali da sole».