Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 10 Sabato calendario

Proposta di legge per regolare la faccenda del pane. Adesso ci fanno mangiare roba precotta passandocela per fresca (e la sera il prodotto è già duro)

Sapete davvero che pane mangiate di solito? È pane fresco, cotto in un forno artigianale magari certificato, o addirittura un prodotto di alta qualità protetto dall’Igp come la focaccia di Recco o il pane di Altamura? O invece è una pagnotta conservata, un pane congelato, o un semilavorato prodotto con materie prime che arrivano dall’estero, una «finta» baguette che il supermercato sotto casa ha solo finito di dorare?
È vero che ormai da anni in Italia i consumi di pane sono in calo verticale, tant’è che ormai siamo nemmeno a due fette di pane al giorno per persona (90 grammi), ma informarsi su quello che si mette in tavola dovrebbe essere un obbligo per tutti. Se si potesse.
La legge scomparsa
Il problema è che dopo un tentativo che risale al 2007, finito in nulla per colpa del cambio di governo e di una risposta mai arrivata dalla Ue, ancora oggi la legge italiana non è chiara: non distingue tra pane fresco artigianale e pane «industriale» o prodotto con semilavorati. Insomma, siamo al Far West della michetta. In questi anni, lamentano le associazioni del settore, «il mondo della panificazione ha subito un vero e proprio assedio, con una perdita di consumi di circa il 30% a causa della concorrenza della grande distribuzione, del commercio abusivo, nonché della crisi e delle tendenze dietetiche». Ma è pur sempre un mercato che vale 7 miliardi di euro di fatturato e che occupa circa 400mila addetti. Per questo ora, per dare maggiori certezze ai consumatori, e per rispondere alle istanze dei «veri» fornai, la legge sta per cambiare: il deputato Pd Giuseppe Romanini, in questi giorni, ha presentato alla Camera una proposta di legge che rappresenta un vero e proprio «testo unico sul pane».
Quando è «fresco»
Come prima cosa la proposta stabilisce che «è fatto divieto di utilizzare la denominazione di “pane fresco” per il pane destinato ad essere posto in vendita il giorno successivo a quello in cui è stato completato il processo produttivo, indipendentemente dalle modalità di conservazione adottate». E il divieto vale anche «per il pane posto in vendita successivamente al completamento della cottura di pane precotto e per il pane ottenuto dalla cottura di prodotti intermedi, comunque conservati».
Ma cos’è «pane»?
Già, ma cos’è il pane? «È denominato pane – recita l’articolo 2 – il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di cloruro di sodio o sale comune». Banale forse, ma è sempre meglio mettere i puntini sulle «i». E tanto per essere chiari la proposta vieta pure l’utilizzo di denominazioni che possono essere fuorvianti per i consumatori quali «pane di giornata», «pane appena sfornato» e simili. Il pane ottenuto da una cottura parziale, quando è destinato al consumatore finale, deve essere invece contenuto in imballaggi singolarmente pre-confezionati, e riportare in etichetta «in modo evidente» tutte le indicazioni di legge e l’avviso che il prodotto deve essere consumato previa ulteriore cottura, indicando tutte le modalità.
Surgelati e semilavorati
Nel caso di pane surgelato l’etichetta deve riportare in maniera esplicita la dicitura «surgelato» e tutte le indicazioni previste dalle norme su questo tipo di prodotti. Mentre i pani ottenuti dalla cottura di impasti preparati con farine alimentari diverse dagli sfarinati di grano devono riportare anche la specifica del prodotto vegetale che viene aggiunto. Quindi viene regolamentata la produzione di prodotti intermedi, dei lieviti utilizzabili nella panificazione e delle paste acide. Il pane ottenuto da impasti congelati, oltre alle necessarie specifiche in etichetta, deve essere posto in vendita «in scaffali distinti e separati dal pane fresco».
I panifici «di qualità»
Vengono poi riviste le norme sui panifici e specificato che la denominazione di «forno di qualità» è riservata in via esclusiva a chi produce e commercializza pane fresco e risulta in possesso di una certificazione rilasciata da un ente accreditato. Infine è prevista anche la denominazione di «pane fresco tradizionale di alta qualità», con tanto di dote finanziaria per sostenerne la valorizzazione e la vendita, non solo del pane tutelato da «Dop» e «Igp» o dalla denominazione di specialità tradizionale garantita, ma anche per le tante specialità regionali (che sono oltre 300).
Le sanzioni
Le sanzioni sono particolarmente severe: in particolare la violazione degli obblighi previsti dall’articolo 2 della legge, quelli relativi alla classificazione delle diverse tipologie di pane (fresco/precotto/surgelato), comporta l’immediata sospensione dell’attività e nei casi più gravi il ritiro di tutte le autorizzazioni amministrative rilasciate dagli enti competenti.