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 2015  ottobre 10 Sabato calendario

Berlusconi, con 200 milioni, vuole comprare la Fondazione Einaudi. Indignazione di Zanone e degli altri

RINO. Per duecentomila euro, Silvio Berlusconi vuole comprare la Fondazione Luigi Einaudi di Roma. È il nome del presidente della Repubblica scomparso nel 1961 a interessargli, con la prospettiva di farne la scuola di politica del suo partito. Ma l’ipotesi, elaborata nell’estate e ora già contenuta in un ordine del giorno, divide in due i vertici dell’istituto culturale che, come molti altri, è alle soglie della messa in liquidazione. Nata come istituto culturale del Partito liberale italiano, nel 1962, la Fondazione ha un archivio importante di storia politica, che contiene tra l’altro le carte di Giovanni Malagodi. Dopo lo scioglimento del partito, nel 1994, l’istituto è sopravvissuto in vari modi, con le Scuole di liberalismo e la grande mostra su Einaudi del 2008. I suoi presidenti onorari, Valerio Zanone e Roberto Einaudi, sono decisamente contrari alla vendita. Valerio Zanone, indignato, aggiunge: «Morire per morire, meglio farlo liberamente. Sono finiti i soldi, si conclude un’esperienza, ma non è un buon motivo per farsi invadere da un partito e dai suoi interessi». «Il partito liberale non esiste più – precisa – ma chi ne faceva parte ha fatto scelte diverse. Non si può vendere un nome come quello di Einaudi, che non appartiene a noi ma alla storia d’Italia». Ma la tentazione è forte: duecentomila euro per non fallire, col patto però di nominare subito un Cda designato in maggioranza dai “nuovi conferenti” di Berlusconi. Si discuterà, e si litigherà, il 28 ottobre: la proposta è stata messa in discussione dall’attuale presidente Mario Lupo. La riunione era già attesa giovedì 8 ottobre, ma è stata rinviata in attesa di conoscere i nomi del «raggruppamento di esponenti della società civile in via di fondazione» che vuole per sé uno dei principali simboli della cultura liberale, uno strumento raffinato e non indifferente per la ricostruzione del centrodestra. Roberto Einaudi e Zanone hanno scritto a tutti i soci: «Meglio la liquidazione per mancanza di fondi che questa proposta». Intanto, a Torino, la Fondazione Einaudi della città ha acquistato inserzioni pubblicitarie per dissociarsi dalle polemiche romane. «Noi – spiega il consulente culturale Paolo Soddu – siamo nati nel 1964 per difendere e promuovere l’opera di Luigi Einaudi, del quale possediamo l’archivio, e vogliamo restare al di fuori dalla politica». E la preoccupazione di economisti, storici e altri intellettuali tuttora affascinati dall’idea liberale è quella che l’ingresso di Berlusconi trasformi completamente la Fondazione romana, e getti confusione anche su quella torinese. Contrari sono anche i numerosi nipoti di Luigi, che siedono nel consiglio di Torino, ad eccezione di Roberto Einaudi. «Dopo la fine del Pli – conclude Soddu – la Fondazione romana ha assunto una connotazione ibrida, che comunque cercava di restare all’interno della vita non facile dei molti istituti culturali italiani che provengono dalle tradizioni politiche del ‘900. Noi di Torino non vogliamo essere confusi con ciò che sta accadendo a Roma, ci interessa continuare ad essere la Fondazione che custodisce il patrimonio culturale di Luigi Einaudi e che ospita ogni anno borsisti e ricercatori».