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 2015  ottobre 09 Venerdì calendario

Il baco dell’Auditel: si è scoperto che è stato inquinato il campione di famiglie che determinano i dati degli ascolti. Nessun provvedimento è stato ancora deciso, ma certamente la platea dovrà essere almeno parzialmente cambiata. «Un gioco per niente facile: le 5.600 famiglie rappresentano l’intera popolazione italiana, 24 milioni di case con un consumo medio di tv per individuo che in Italia è ancora di 4 ore al giorno. Ognuna di queste famiglie ha, dunque, un peso statistico enorme: 50 di esse rappresentano poco meno dell’1 per cento del Paese»

Un pasticciaccio brutto di cui all’Auditel avrebbero fatto volentieri a meno: il campione di 5.600 famiglie da cui dipende quel numerino entrato anche nel linguaggio comune e che tanto potere ha, il sacro share, è stato «inquinato».
Problema tecnico minimizzano alcune voci. Questione di tasti spinti per errore o vero e proprio baco del software. Per ora non si sa. Anche perché ieri, dopo riunioni concitate ai massimi livelli dell’Auditel, si è deciso, anche per questioni legali, di fare finta di nulla in attesa di capirne di più. I panni sporchi verranno lavati nel consiglio di amministrazione in agenda per mercoledì prossimo.
Il sistema di rilevazione degli ascolti tv dell’Auditel è in discussione da tempo, ma stavolta il problema è ancora più serio se non grave: chi fa parte del panel non deve conoscere quali sono gli altri soggetti rilevati per evidenti rischi di inquinamento dei risultati. Gli stessi nomi delle famiglie sono difesi da un sistema in pieno stile Spectre che negli anni è stato anche lo stile della stessa Auditel, sempre poco incline a comunicare e spiegare. E invece pare che sia avvenuto proprio questo: la Nielsen, la società alla quale sono affidate operativamente le rilevazioni per Auditel, avrebbe incrociato male i cavi come si diceva una volta e chi non doveva sentire aveva un microfono acceso nelle altre stanze. Il giallo nel giallo è quale quota del panel sia stata contaminata. Da questo dato si capirà se siamo di fronte a un «Audi-gate».
L’unica certezza è che il panel dovrà essere almeno parzialmente cambiato come si fa con le giurie che non possono più garantire il risultato della legge uguale per tutti. Un gioco per niente facile: le 5.600 famiglie rappresentano l’intera popolazione italiana, 24 milioni di case con un consumo medio di tv per individuo che in Italia è ancora di 4 ore al giorno. Ognuna di queste famiglie ha, dunque, un peso statistico enorme: 50 di esse rappresentano poco meno dell’1 per cento del Paese. Tutto ciò senza considerare che l’intero sistema di rilevazione è in fase di transizione per passare a un panel più corposo di oltre 10 mila famiglie. Un altro grattacapo. Le conseguenze del «baco dello share» non sarebbero note nemmeno a chi governa l’Auditel, tanto che sempre ieri ci sarebbe stata una spaccatura all’interno della società tra chi voleva procedere con la sospensione della rilevazione fino a data da destinarsi e chi ha optato per la linea pragmatica dell’andare avanti.
I tre «azionisti» forti sono Rai, Mediaset e l’Upa, l’associazione degli investitori pubblicitari. È facile immaginare che chi compra spazi non sarà del tutto contento. Ma anche per la programmazione del palinsesto, il pagamento dei ricchi cachet e le decisioni editoriali sarebbe un dramma: lo share è una religione monoteista e spegnere l’Auditel significa mettere questa industry (che solo di investimenti pubblicitari tra gennaio e agosto ha toccato i 2,2 miliardi) nel buio totale. È come tornare all’età della pietra, non esistono altri indicatori tranne che per i canali che passano attraverso le smart box a pagamento come Sky. Ma, anche in questo caso, le società possono sapere se la tv o il tablet sono accesi su un canale ma non quante persone ci sono, rilevazione che solo l’Auditel garantisce. Mercoledì al board Auditel andrà in onda il programma: il «baco dello share». Ma a telecamere spente.