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 2015  ottobre 09 Venerdì calendario

Le donne diacono non sono più un tabù per la Chiesa: se ne sta già parlando al Sinodo, anche se ci vorrà ancora tempo. In discussione anche un maggior ruolo delle donne: «l’intervento nei processi decisionali; la loro partecipazione, non solo formale, al governo di alcune istituzioni; il loro coinvolgimento nella formazione dei ministri ordinati»

«Il problema c’è, non è scartato». Le parole del cardinale Edoardo Menichelli sono il segnale che al Sinodo si è affrontato un tema che ancora pochi anni fa era tabù: la possibilità che nella Chiesa siano ammesse le diaconesse. Ne aveva parlato martedì, in aula, l’arcivescovo canadese Paul-André Durocher: «Dovremmo davvero cominciare a considerare seriamente la possibilità di ordinare donne diacono». Il cardinale Menichelli, ieri, ha spiegato che il tema «è stato accennato» ed è «in attenzione», anche se «vanno approfondite le prospettive sul piano teologico e sacramentale». Sarebbe un ritorno alle origini della Chiesa: «Vi raccomando Febe, nostra sorella, diaconessa della Chiesa di Cencre», scrive ad esempio San Paolo nella Lettera ai Romani (16,1). Ne hanno parlato voci isolate, uno dei primi fu il cardinale Carlo Maria Martini. Un diacono può proclamare il Vangelo, dire l’omelia, celebrare battesimi, benedire nozze. Il problema è che il diaconato è legato come un «primo grado» al sacerdozio, si riceve un sacramento, e l’ordinazione di donne prete nella Chiesa è esclusa. Come si fa? Nel 2013 i vescovi tedeschi proposero «un diaconato specifico» per le donne, il cardinale Kasper suggerì: si può nominare la diaconessa non attraverso il sacramento ma con una benedizione. Ci vorrà del tempo. Ma il Sinodo al maschile – le poche donne sono «uditrici», anche le religiose sono escluse dal voto – si sta almeno ponendo il problema di un ruolo maggiore delle donne: «L’intervento nei processi decisionali; la loro partecipazione, non solo formale, al governo di alcune istituzioni; il loro coinvolgimento nella formazione dei ministri ordinati».