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 2015  ottobre 08 Giovedì calendario

Mozziconi di sigarette, plastiche, sassi e rifiuti: apre oggi alla Triennale di Milano "Our Trash" di Francesca Leone, figlia del regista Sergio. Spazzatura elevata ad arte, tra passato e presente

Respirare l’arte in casa. Dall’8 al 18 ottobre la Triennale di Milano ospita la personale Our Trash di Francesca Leone, figlia di Sergio Leone (Roma, 1929 – 1989), il celebre e pluripremiato regista, sceneggiatore e produttore cinematografico. La mostra, a cura di Ermanno Tedeschi, è una grande installazione dedicata alla salvaguardia dell’ambiente: 18 grate in alluminio su cui il pubblico può camminare, una strada, su cui sono collocati materiali di recupero e oggetti abbandonati: 5 mila mozziconi di sigarette, plastiche, sassi, carta, chiavi, rifiuti e monete: i resti e gli avanzi di storie quotidiane, gli scarti che centinaia di persone gettano dove capita con gesto irrispettosi. Spazzatura tra passato e presente: un lavoro che si basa anche sul tema del trascorrere del tempo. Francesca Leone ha già esposto al Museo dell’Accademia russa di Belle Arti a San Pietroburgo e al Museo di Arte Contemporanea MAC di Santiago del Cile. La sua è una famiglia d’arte: il padre regista di film leggendari come Per un pugno di dollari; la madre, Carla Ranaldi, prima ballerina del Teatro dell’Opera di Roma.
Com’è nato questo nuovo lavoro? Da dove ha tratto la sua ispirazione?
«Uscendo quotidianamente di casa, vedendo i rifiuti, la sporcizia, il clima che cambia. Anche il cibo che mangiamo può essere una fonte di preoccupazione, perché inquinato. L’argomento della salvaguardia ambientale è così diffuso che mi è venuto spontaneo occuparmene».
L’opera in Triennale come si lega ai cicli precedenti? È un lavoro completamente nuovo oppure una naturale evoluzione? Ci sono richiami e riferimenti ricorrenti?
«Già con Terra Madre c’era il riferimento a natura e corpo femminile. Di solito lavoro per cicli, mi piace sperimentare e creare qualcosa di nuovo, sento il bisogno di aprirmi alla diversità. Vorrei che il mio lavoro potesse essere utile, anche solo per non aggravare la situazione dell’ambiente. Nel suo piccolo, ciascuno può fare qualcosa, anche solo non gettare scontrinia a terra».
Ricordi di suo padre – un genio internazionale- quando era bambina?
«Aveva l’arte dentro. Mi portava in giro per antiquari. Era un collezionista, certamente di quadri – amava la Scuola Romana – ma anche di gioielli antichi, pietre preziose. Aveva molte passioni e i suoi interessi andavano oltre il cinema. Ci portava anche sul set cinematografico o alle mostre».
Lei è la figlia di genitori illustri; che rapporto aveva con loro? Hanno in qualche modo influenzato il suo lavoro artistico?
«Vivendo in una famiglia d’artisti per forza di cosa si respirava quell’aria. Mia madre era ballerina, anche lei aveva senso estetico. Il senso estetico fa parte di me. Da bambina ho anche ballato. La visione delle cose era piuttosto diversa. Tutto questo ha contribuito alla mia formazione. Sono molto felice della mia famiglia e senza di loro non sarei quello che sono. Mio nonno materno era un illustratore del Messaggero, forse potrei aver preso da lui il dono del dipingere e la mia manualità»
Suo fratello e sua sorella invece?
«Loro hanno una casa di distribuzione cinematografica molto importante, la Leone Film Group, si occupano anche di produzione. Andiamo molto d’accordo. Siamo una famiglia davvero unita e lo siamo sempre stati, anche quando c’era mio padre. Trascorriamo le vacanze insieme, ci aiutiamo e ci supportiamo a vicenda. Loro vengono alle mie inaugurazioni e io ci sono stata quando la loro attività è stata quotata in borsa».
Che cosa ha appreso dai suoi cari oltre all’amore per l’arte?
«Soprattutto, i sentimenti condivisi: l’importanza della famiglia, le amicizie, l’educazione. Mi hanno insegnato come cercare di realizzare al meglio quello che si sente e si prova, con onestà intellettuale e dando importanza alle cose vere della vita. Fare le cose migliori nel modo migliore. Mio padre avrebbe potuto girare molti più film, ma ha preferito lavorare per anni e anni per un grande risultato perché era meticoloso. Anche io allo stesso modo sono una perfezionista nel mio lavoro a 360 gradi».
Il suo cognome è mai stato un peso o un impedimento per lei?
«Lo è quando viene anteposto a quello che faccio. Per il resto sono felice e onorata di portare questo cognome e ringrazio la mia famiglia per quello che sono grazie a loro. Tanti mi chiedono perché non mi dedico al cinema; la risposta è che non ho questa spinta, sebbene l’arte sia molto presente nella mia vita sotto forma di altri mezzi».