Corriere della Sera, 8 ottobre 2015
Rapimenti internazionali e riscatti, un dilemma insolubile per ogni governo
A distanza di un anno è trapelato che per Greta e Vanessa siano stati pagati 11 milioni di euro. Il ministro competente ha sempre smentito un qualsiasi pagamento, ma avendo mentito spudoratamente agli italiani non dovrebbe rassegnare senza ombra di dubbio le dimissioni? La vita delle persone non ha prezzo, ma i concittadini non devono essere presi in giro.
annibaleantonelli@virgilio.it
Caro Antonelli,
Proverò a spiegare perché la menzogna, in alcune circostanze, sia inevitabile e, forse, il minore dei mali. Il rapimento di un connazionale, soprattutto per mano di una organizzazione terroristica, crea per ogni governo un dilemma insolubile. Se paga un riscatto, finanzia le operazioni future dei rapitori, dimostra implicitamente che il «business» è redditizio e li incoraggia a perseverare. Se rifiuta di pagare e annuncia al mondo che non intende negoziare con terroristi e criminali, diventa automaticamente, agli occhi della pubblica opinione, responsabile della sorte del rapito e pagherà il prezzo della sua fermezza nella prossima consultazione elettorale. Le autorità americane dichiarano di avere adottato questa linea, ma vi sono occasioni, probabilmente, in cui la linea è stata applicata con qualche pragmatico aggiustamento. Nella primavera del 2014, per esempio, riapparve in Afghanistan un sergente americano, Bowe Berghadl, scomparso cinque anni prima, che i suoi commilitoni avevano ricercato con rischiose operazioni in cui alcuni di essi avevano perso la vita. Nel suo reparto si era diffusa la convinzione che Berghadle fosse un disertore, forse scioccato da alcuni aspetti delle operazioni militari americane. Ma il Dipartimento della Difesa si era certamente adoperato per salvarlo e il prezzo pagato, secondo alcune voci, era stato la liberazione di cinque prigionieri del campo di Guantanamo. Le risposte che le autorità americane dettero ai giornalisti furono piuttosto vaghe. Qualcuno dovette persino chiedersi se il «disertore» americano non fosse in realtà un agente infiltrato nelle file dei talebani. Vi sono almeno due modi di mentire. Il primo consiste nell’affermare il falso, il secondo è quello di affogare la verità nella nebbia della reticenza.