Corriere della Sera, 8 ottobre 2015
Giovanni de’ Medici, alias Dustin Hoffman: l’attore americano si trova a Montepulciano, dove è stata ricostruita Firenze, per girare una serie televisiva sulla grande dinastia fiorentina. «Giovanni fu un banchiere illuminato. La storia della sua famiglia insegna che si può essere ricchi e potenti, ma avere anche un’anima»
Nel Duomo, in piazza Grande, giace su di un monumentale catafalco la salma di un uomo: è Giovanni de’ Medici, il fondatore della grande famiglia fiorentina. È il 1429 e siamo a Firenze, ricostruita nel centro storico di Montepulciano. Il patriarca, colui che ha trasformato la banca di famiglia in una straordinaria potenza economica, è stato avvelenato e i suoi figli, Cosimo e Lorenzo, devono ora vedersela con una moltitudine di nemici che tramano per scalzare i Medici dalla loro posizione di potere.
Quella dei Medici non è una storia qualunque e non è una fiction qualunque quella che si sta girando in questi giorni in molti siti storici che furono il vero teatro degli eventi narrati: la stessa Firenze, ma anche Roma, Pienza, Viterbo, Bracciano, Villa Adriana a Tivoli. Il Premio Oscar Dustin Hoffman veste i panni rinascimentali del fondatore della dinastia. Con lui un cast internazionale, a cominciare da Richard Madden che interpreta Cosimo nella megaproduzione realizzata, in 8 episodi, da Frank Spotnitz (Big Light Productions), Luca e Matilde Bernabei (Lux Vide) in collaborazione con Rai Fiction.
Perché ha accettato di interpretare questo personaggio?
«Giovanni è stato un uomo speciale e, come tutti gli uomini di successo, ha avuto una visione speciale: un illuminato. Infatti nella sua vita non si è limitato a creare una potenza economica, ma è stato un mecenate, uno che dava soldi e sostegno a grandi artisti. Non necessariamente è stato un buon padre».
In che senso?
«Mi ricorda un po’ mio padre. Giovanni diceva al figlio Cosimo tutto quello che doveva fare, che tipo di scelte doveva portare avanti, addirittura chi doveva sposare. Anche mio padre, quando avevo vent’anni, mi dava ordini. Scelse anche la donna che avrei dovuto sposare, ma che poi non ho sposato. Insomma, sia per Giovanni de’ Medici, sia per mio padre, la famiglia e i suoi dettami erano prioritari rispetto a qualunque altra cosa».
Un banchiere illuminato, molto diverso dai banchieri di oggi?
«Oggi sono tutt’altro che illuminati, direi piuttosto che sono ottusi, senza scrupoli, hanno il pelo sullo stomaco, e non pagano mai di tasca propria i danni che combinano, e non finiscono mai in galera».
Una storia tutta italiana, quella che si racconta nella fiction interpretata però da un cast prevalentemente americano.
«È vero, ma è una storia che a mio avviso senza confini. È scritta molto bene e diretta benissimo dal regista Sergio Mimica-Gezzan. Spesso le fiction o i film in costume possono essere noiosi, questa no, perché è piena di colpi di scena».
A cominciare dall’inizio della vicenda: gli sceneggiatori fanno morire il patriarca assassinato. E questo non è un dato storico, giusto?
«No, non credo. In realtà sulla morte di Giovanni non si sa molto, ma la libertà che si sono presi gli sceneggiatori ha fatto in modo di trasformare questa storia in una grande e avvincente detection. In fin dei conti mi sembra una bella trovata. Una storia che si svolge nel 1400 ma che ha qualcosa di contemporaneo».
Il suo rapporto con l’Italia parte da lontano, quando nel 1972 ha girato «Alfredo Alfredo». Poi ha recitato i versi dell’«Infinito» di Leopardi per una pubblicità...
«Sì. E credo che fui anche criticato per averli recitati male – ride —. Ma il mio rapporto con l’Italia è sempre stato speciale. Ricordo quando nell’84 tornai a Roma per lavoro e mi chiesero con chi avrei voluto cenare. Io buttai lì: con Fellini. E con Fellini cenai. Lui non era contento di come andavano le cose, si lamentava sopratutto del fatto che ormai le sale cinematografiche, con le multisale, erano diventate troppo piccole e mi disse che non aveva più voglia di fare film. Sono certo, però, che se fosse ancora vivo continuerebbe a fare cinema».
Una storia antica come quella dei Medici cosa può dire ancora ai giovani?
«Che si può essere ricchi e potenti, ma avere anche un’anima. Io ho conosciuto tanta gente che non si accontenta mai di quello che ha e che continua a volere sempre di più, perché al posto dell’anima ha un buco da riempire. I Medici avevano riempito quel buco con l’anima».