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 2015  ottobre 08 Giovedì calendario

Duilio Poggiolini, l’ex re Mida della sanità è finito in un ospizio abusivo. Ormai 86enne, l’ex direttore generale del Servizio farmaceutico nazionale, tra i protagonisti di Tangentopoli, è ancora sotto processo a Napoli con l’accusa di omicidio colposo plurimo per le trasfusioni di sangue infetto del 1986-87. Grazie alle case farmaceutiche, negli anni Novanta aveva accumulato oltre 300 miliardi di lire

Il «Re Mida» della sanità italiana, come era soprannominato, ha atteso in silenzio l’arrivo dell’ambulanza. Quasi irriconoscibile, aggrappato alle stampelle, infagottato in un vecchio trench marrone, Duilio Poggiolini è finito al pronto soccorso dell’ospedale più vicino alla casa di riposo abusiva dove era ricoverato da qualche mese. A 86 anni l’ex direttore generale del Servizio farmaceutico nazionale del ministero della Sanità – uno dei protagonisti di Tangentopoli, con un patrimonio negli anni Novanta stimato in oltre 300 miliardi di lire – era uno degli ospiti più anziani dell’ospizio fuorilegge allestito da tre anni in una villa privata nelle campagne di Casalotti, alle porte di Roma. Quando ieri mattina i poliziotti si sono presentati per sequestrare la struttura (dove tre indiani senza abilitazione accudivano una quindicina di ospiti) Poggiolini si trovava a letto, sotto un porticato chiuso con gli infissi e trasformato in stanza di degenza.
«I parenti dei ricoverati pagavano ogni mese dai 600 ai 1.200 euro, ovviamente in nero. Qui era tutto abusivo», spiegano gli agenti del commissariato Primavalle, intervenuti con i vigili urbani del XIV Gruppo. Un contrappasso dantesco per l’uomo forte della sanità nazionale, iscritto alla P2, che – secondo le accuse – insieme con l’allora ministro Francesco De Lorenzo («Sua Sanità») distribuì favori alle grandi case farmaceutiche (maggiorazioni dei prezzi dei medicinali) in cambio di una valanga di soldi. Ora è imputato a Napoli per omicidio colposo plurimo per i pazienti (almeno 900) contagiati nel biennio ‘86-87 da Hiv ed epatite C per colpa di trasfusioni con sacche di sangue infetto proveniente dalle carceri Usa e messicane.
Ventidue anni fa la perquisizione della sua villa all’Eur fece epoca: 10 miliardi di lire spuntarono da un puff in salotto, ma erano solo la parte più piccola del tesoro accumulato da Poggiolini (catturato in clinica a Losanna, dove era sotto falso nome) e dalla moglie Pierr De Maria, scomparsa nel 2007. Storico il loro confronto davanti ai pm di Napoli nel ‘94 quando Lady Poggiolini accusò il marito di avere una personalità alla «mister Hyde». In tutto alla coppia furono sequestrati beni per 39 miliardi, comprese preziose opere d’arte trovate anche nella casa di famiglia a Monteverde. Due anni fa, nel caveau della Banca d’Italia, Equitalia Giustizia ha scovato un baule accantonato che conteneva parte di quel tesoro, valutato oggi 26 milioni di euro.
«Re Mida» fece poco carcere: sette mesi a Poggioreale, poi ai domiciliari. La prima condanna, a sette anni e mezzo per corruzione, fu ridotta a poco più di quattro in appello per essere poi azzerata dall’indulto nel 2006. La moglie se la cavò con poco più di un anno. Nel 2012, però, la Cassazione l’ha condannato con De Lorenzo a restituire allo Stato più di 5 milioni di euro ciascuno per danno erariale (in parte pagati). E nel febbraio scorso, un mese prima che il Quirinale gli revocasse per indegnità il titolo di Cavaliere, Poggiolini è comparso in tribunale a Firenze al processo Menarini: sulla sedia a rotelle, con due badanti accanto. Dopo alcuni «non ricordo», il giudice ha interrotto l’interrogatorio per «l’impossibilità di procedere all’esame del teste a causa della sua certificata incapacità fisica e mentale».