Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

Il tartufo di D’Alema. Da bravo Ambasciatore di quello umbro si impegna a portarlo all’Unesco. La conversione enogastronomica di un uomo che va spesso all’estero «a occuparmi delle vicende mondiali»

Questa volta no, non è il «Tartufo» di Molière. Non è neppure una lezione, come in altri tempi Massimo D’Alema avrebbe potuto fare, da ex allievo della Scuola Normale di Pisa, sul «Tartufo» di Molière visto da Cesare Garboli: il quale ha trascorso una vita a studiare questo personaggio in saggi meravigliosi, spiegando quanto l’impostore sia una figura tipica del teatro della politica. Anche se Garboli non alludeva a Renzi, come forse a D’Alema piacerebbe fare. E comunque, niente di tutto ciò. D’Alema sempre più spesso, e anche l’altra sera a Roma e con amici umbri appena può e nelle occasioni in cui presenzia in qualità di Ambasciatore del tartufo nel mondo, nomina ricevuta due anni fa a Norcia durante la kermesse dedicata al nero pregiato, parla proprio del tartufo tartufo, quello che odora e sa di tartufo. E «che meraviglia quello umbro». E quanta «tradizione, cultura, grande gastronomia ed economia» sta dentro, intorno, sopra e sotto «questo straordinario prodotto da tutelare e valorizzare». Come è più buono da gustare il tartufo? «Personalmente, credo che l’abbinamento migliore, naturale e irresistibile per apprezzarne profumo e sapore sia quello con l’uovo. Ovviamente non disdegnando la classica tagliatella fatta in casa o gli gnocchi, magari con la patata bianca di Pietralunga». 
REALPOLITICIl tono del D’Alema tartufato è lo stesso – preciso, dettagliato, realpolitico e verrebbe da dire togliattiano – con cui l’ex premier in altri tempi ma anche in questi («Sto spesso all’estero a occuparmi delle vicende mondiali») disquisisce di alta politica internazionale. O tratta delle future sorti della sinistra renzianizzatasi ma forse capace di salvarsi se torna lui (cioè Io). E invece, la nuova vita dell’ex Comandante Max è quella del leader del tubero, e di trifola e derivati egli spiega fenomenologia e geopolitica. «Il tartufo umbro, dal nero di Norcia al bianco, la trifola dell’altotevere fino al confine con le Marche, non teme confronti ed è straordinario in cucina».
BICAMERALETartufologo ed enologo – grazie al successo dei suoi vini – Max sta in pressing su diversi fronti. «Ce la metterò tutta per fare avere al tartufo umbro anche un prestigioso riconoscimento dall’Unesco». Se ancora ci fosse la Bicamerale sarebbe tutto più facile (non il patto della crostata ma il patto del tartufo bianco?), ma ci si può accontentare anche di normali commissioni parlamentari. «Ce n’è una, quella dell’agricoltura, che sta formulando proposte e interventi legislativi necessari, per dare norme certe ad un settore in profonda espansione e per tutelare magari con un apposito marchio il tartufo umbro che non teme confronti». 
«Ah, che bella cosa è sapere qualcosa», dice un personaggio proprio di Molière. D’Alema del tartufo sa tutto ed è sempre il migliore.