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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

Storie "straordinariamente vere" di gente comune, ma narrate come una sorta di romanzo popolare: è questo, secondo Aldo Grasso, a distinguere il programma di Rai 3 «Sconosciuti» da tutti gli altri esempi di "tv verità". Tra Guglielmi, Zavattini e Palazzeschi

Aggrapparsi alla vita guardando sempre avanti. È la storia di Ivano e Tiziana. Ivano Saletti, collaboratore scolastico, e Tiziana Premoli, impiegata, vivono a Leno, provincia di Brescia. Il cuore di Ivano fa i capricci, va in arresto, dev’essere ricoverato d’urgenza in ospedale. Tiziana lo accudisce con amore, in un momento in cui tutto sembra maledettamente in salita. Una delle grandi passioni di Ivano, infatti, è la bicicletta (come Franco Bitossi, il cui soprannome era «cuore matto»): l’attesa è lunga, ma infine, anche con l’aiuto di Tiziana, Ivano riesce a coronare il suo sogno. Tornare a pedalare. Una frase di Mandela pone il suggello alla storia: «Non giudicatemi per i miei successi, ma per tutte quelle volte che sono caduto e sono riuscito a rialzarmi». The End.
Questa è una storia, una delle tante di «Sconosciuti», il programma siglato da Simona Ercolani in onda dal lunedì al venerdì su Rai3 (20.15). Abbiamo già parlato di questo programma «che mostra fedelmente in televisione la gente comune, dando voce a storie “straordinariamente vere” di persone, sconosciute per l’appunto, che normalmente non apparirebbero in tv». Ma, in fondo, tutti i programmi del millennio (a partire simbolicamente dal Grande Fratello) mostrano persone che normalmente non apparirebbero in tv. La tendenza attuale della tv generalista è appunto quella di permettere al «common people» di mostrarsi, nella convinzione diffusa che apparire equivalga a esistere.
Cosa c’è di diverso in «Sconosciuti»? Sotto forma narrativa, c’è la veste del «sociale». La Ercolani è l’unica che continua, sia pure in una versione riveduta e corretta, la grande tradizione di Angelo Guglielmi: cercare di imbrigliare la tv in schemi letterari, scrivere una sorta di nuovo romanzo popolare, creare la «fiction dal vero» (il sogno di Zavattini). «Quasi lo scambio di un bacio fra due sconosciuti per un bisogno di tenerezza» come recita Aldo Palazzeschi.