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 2015  ottobre 03 Sabato calendario

A Parigi sfila l’innocenza con i casti tailleur lingerie di Christian Dior e gli abiti in divenire di Lanvin

Parigi riparte da zero, elimina i decori e ripulisce persino le linee per ritrovare l’essenza dello stile. Sottraendo Dior scopre la purezza. Le giacche Bar, tipiche del marchio, si sposano sempre alla virginale biancheria vagamente vittoriana. Così nasce il tailleur-lingerie che accosta, in un gioco di contrasti, i tessuti maschili del blazer al batista di top, culotte e sottovesti smerlate con inserti trasparenti e opachi. «Semplificazioni estreme focalizzate su una femminilità fragile, di antica memoria, ma proiettata nel futuro», sostiene Raf Simons che da tre anni è alla guida artistica della griffe.
Gli opposti si uniscono
E a sottolineare quanto sia importate unire gli opposti per ottenere questo risultato allestisce alla Cour Carré du Louvre un padiglione che è una collina ricoperta di delphinium, illuminata da bracci meccanici che reggono gigantesche luci stroboscopiche. Come a dire che la potenza della natura si sublima con la tecnologia applicata alla ricerca. Rihanna in cappa rosa (testimonial della maison) e Marisa Berenson in tunica di paillettes non resistono alla tentazione di farsi fotografare sullo sfondo della distesa floreale sfumata nelle mille tonalità degli azzurri. Orli plissettati, inserti geometrici di voile e indumenti di taglio militare, si mescolano esplorando un linguaggio estetico fatto di pochi e precisi elementi. Il messaggio? «Meno è meglio».
Abiti del cuore
«Perché i selfie hanno sfrattato lo specchio? Questa mania rischia di depistare le donne che invece dovrebbero scegliere solo gli abiti che le fanno sentire bene con se stesse», Alber Elbaz per Lanvin capta i cambiamenti della società e li traduce in sentimenti da indossare. Così, questa volta, cerca di trasmettere alle clienti l’emozione che si nasconde dietro alla fattura di un capo. Quando nasce sulle teline, quando le sarte lo cuciono lasciando un profumo umano sui fili delle imbastiture, un segno sugli orli non finiti... In pedana escono in “divenire” le gonne da sera in faille e canvas usato per le prove in laboratorio. Incompiute pure le giacche da smoking, gli spolverini in tweed scarnificato e le toilette in pizzo. Poi, non pago, Elbaz mutua una serie di capi scollatissimi, drappeggiati sul corpo, che nascondono una sorpresa: «Un finto corpo, un pudico body di elastico carne che modella il fisico anche di chi non vive di sola insalata. L’escamotage mi è venuto in mente guardando certe mise al limite della decenza sui red carpet», spiega il couturier che si è anche divertito a disegnare una teoria di accessori sugli abiti: ironica polemica sul fatto che le collezioni servano solo a vendere scarpe, collane e profumi. Tutti pezzi «vandalizzati» a pennarello dai suoi scarabocchi naif.
Vedo nudo e non solo
Resetta al limite del nudo Loewe, in un osanna di sottili pantaloni in domopack e pvc trasparente, lo stesso che impacchetta i cubi di pietra nel giardino dell’Unesco dove sfila. Bauletti, boleri e bustini paiono vetrificati. Si portano con maglie a coste e sahariane in camoscio scampanate o con spolverini dai tagli japan. Anche in questo caso i materiali tradizionali del marchio, come la pelle, cercano la complicità di quelli artificiali. Guardando avanti. Almeno fino alla prossima estate che nelle 90 sfilate parigine in programma fino al 7 ottobre, già dai primi giorni, si preannuncia fitta di effetti speciali.
Poche storie e molta sperimentazione sono alla base del successo di Miyake che si riconferma vincente sfornando le nuove plissettature cotte al forno. Dove il cotone viene prima spennellato di colla e poi cucinato a 200 gradi. Risultato: un effetto in 3D che – sciolto il collante – regala un soffice movimento a organetto a bluse, gonne e ampi pantaloni. Da buttare in lavatrice senza timore che si rovinino.