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 2015  ottobre 03 Sabato calendario

Ritratto dell’assassino dell’Oregon, tanto protetto dalla mamma

Un ragazzo estremamente riservato, con un attaccamento ossessivo alla madre, travestito da militare, appassionato di Ira e con un debole per gli ambienti nazistoidi. E con una consistente quantità di armi in casa. È questo il profilo del killer dell’Umpqua Community College in Oregon, l’autore della strage che ha ucciso nove persone, mentre altre sette versano in condizioni più o meno gravi in ospedale. Un profilo tratteggiato ora dopo ora in maniera sempre più definita, ancora una volta permeato da disagio e follia, sullo sfondo consueto del «far west» delle armi da fuoco.
Testa rasata e anfibi
Chris Harper Mercer, questo il nome del killer, aveva 26 anni, non era uno dei circa 20 mila iscritti al college di Roseburg, ma collaborava a una produzione documentaristica con la scuola di arte drammatica dell’istituto. Era nato in Inghilterra, ma si era trasferito molto piccolo negli Usa, dove aveva frequentato una scuola per ragazzi con difficoltà di apprendimento. Era entrato nell’esercito nel 2008, ma solo un mese dopo ne era stato espulso. Viveva con la madre, Laurel Harper, in un piccolo appartamento di Torrance, in California. Spesso risiedeva a Winchester, in Oregon, non lontano dal college. I vicini di casa lo descrivono come un ragazzo molto introverso, che vestiva sempre alla stessa maniera, pantaloni verdi «combat» e anfibi militari. Aveva sempre la testa rasata e portava dei grandi occhiali da vista, così come compare nelle immagini dei vari profili social postate su Internet. «Sembrava sempre ansioso», racconta al New York Times un vicino di casa della madre, e proprio con la genitrice sembrava aver un rapporto quasi morboso. «Erano molto uniti, stavano sempre insieme».
Introverso e solitario
Chris non amava parlare di se e quello che si è riusciti a riscoprire del killer è stato raccolto soprattutto su Internet. Il ragazzo nutriva una serie di passioni paramilitari e un senso di repulsione per le religioni organizzate. Nel suo profilo «MySpace» aveva pubblicato foto di membri del Irish Republic Army con fucili in pungo e volti coperti da passamontagna. Aveva acquistato online alcuni cappelli delle SS, e il suo nick era «Ironcross45», in riferimento – si pensa – alle croci di ferro reintrodotte dal Nazismo. Si definisce, tra i tanti profili, «non religioso ma spiritualista», ma anche «conservatore repubblicano» e contrario alle «religioni organizzate». Ecco spiegato il motivo per cui alle sue vittime, prima di sparare chiedeva di che fede fossero. Era soprattutto un fanatico delle armi, sette recuperate nella sua abitazione più le sei portate al college per attuare il suo piano.
La denuncia
«Siamo tutti comunemente responsabili, è una scelta politica quella che facciamo: permettere, regolarmente, che accada». Barack Obama parla a braccio, commosso e arrabbiato, pronto a riprendere in mano la madre delle sue battaglie interne, quella sul controllo delle armi da fuoco. «Siamo l’unico Paese moderno al mondo che vede questo tipo di sparatoria quasi ogni mese. Sono diventati una routine – sferza Obama – Di fronte questi episodi che si ripetono le preghiere non bastano». Il presidente chiede al suo popolo di aiutarlo, di dargli quel sostegno forte per riprendere la grande incompiuta, la guerra alla circolazione selvaggia di pistole e fucili. L’ultima grande battaglia della sua lunga presidenza.
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Conservatore repubblicano. Solidale della polizia contro i neri. Hobby? «Uccidere zombie». Ma sono nove esseri umani, quelli che Chris Harper Mercer ha ucciso sparando all’impazzata, nel campus universitario di Roseburg, Oregon. Con sé portava sei armi da fuoco durante l’attacco, altre sette le aveva lasciate a casa: in tutto tredici armi più un arsenale di munizioni e un giubbotto anti-proiettile. Armi “acquistate legalmente” secondo i primi rapporti della polizia di Roseburg. Il cui sceriffo capo, John Hanlin, è un militante dichiarato del movimento pro-armi.
Il ritratto dell’autore della strage emerge a frammenti dalle testimonianze di vicini di casa. «Solitario, asociale, gonfio di risentimenti». «Fragile e aggressivo» al tempo stesso. Legato morbosamente alla madre, divorziata, che a sua volta lo proteggeva in modo ossessivo. Ma le notizie più precise le ha fornite lui stesso. Fino all’ultimo proclama, una vera e propria rivendicazione, un foglio lasciato sul luogo della strage: «Il mondo è contro di me. Finirò all’inferno e sarà il diavolo in persona ad accogliermi» (…) Su Spiritual Passions, un sito usato da chi cerca l’anima gemella Mercer confessava di non aver mai avuto una ragazza (…) Su MySpace il 26enne ha scelto di apparire con una foto in cui tiene un fucile. Occhialoni, sguardo triste a stralunato. Proprio come lo ricordano i vicini di casa, memori di incontri occasionali in cui lui indossava una tuta paramilitare, scambiava poche parole. Salvo trasmettere la propria ostilità tramite la madre, che coi vicini si lamentava se i loro bambini facevano rumore, disturbando quel figlio così sensibile. (Federico Rampini, la Repubblica)
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 Chris Harper Mercer, quando non era chiuso nell’appartamento insieme alla madre e alle armi, sedeva sul balcone. Ascoltava musica in attesa che passasse la giornata, sempre uguale. Nessun amico, niente svaghi, la passione per le pistole e un nemico: la religione (…) La polizia ha recuperato un testo dove l’omicida recrimina, è arrabbiato per un’esistenza infelice, si lamenta di non aver una ragazza, esprime commenti razzisti nonostante uno dei genitori sia di colore (…) Il killer è nato 26 anni fa in Gran Bretagna e si è trasferito da piccolo in California insieme alla mamma Laurel, afro-americana, e al papà Ian, bianco. Una coppia divisa dal divorzio nel 2005. Chris ha frequentato una scuola per ragazzi con problemi psichici, un periodo del quale rimangono pochi ricordi. In seguito si è arruolato nel 2008 ed è stato congedato dopo appena un mese in quanto giudicato non idoneo. Poi l’esistenza anonima con la mamma, molto protettiva verso quel ragazzo che aveva qualche difficoltà. I vicini hanno raccontato delle proteste della donna con il condominio per la presenza di scarafaggi e il rumore dei bambini. Spiegava che davano fastidio al figlio, «non riusciva a dormire» (…) Un arsenale impressionante per un piano sviluppato emulando altri assassini. Il primo è Vester Flanagan, giornalista che ha tolto la vita a due colleghi in Virginia. Chris ha postato su Internet :«Il mondo scopre alcune persone quando versano un po’ di sangue. Uno sconosciuto è ora noto a tutti. Il suo volto stampato su tutti gli schermi, il suo nome sulle labbra di ogni persona del pianeta, tutto in un giorno. Sembra che più persone uccidi e più sei sotto i riflettori». Successivamente ha scaricato un documentario su Sandy Hook, la scuola elementare di Newtown teatro del massacro compiuto da Adam Lanza. Un altro che se ne stava rintanato in casa, con la madre e un’armeria. Aveva bisogno di cure ma la mamma aveva deciso di «proteggerlo» tenendolo nella villa nonostante i medici avessero suggerito terapie più decise [Guido Olimpio, Corriere della Sera].