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 2015  ottobre 03 Sabato calendario

Il verdiniano Barani mima in aula le mosse del pompino. Le senatrici si rivoltano. Il voto sull’articolo 2 della riforma del Senato è spostato a oggi

I grillini, per i quali la riforma costituzionale «è il preludio alla dittatura e a un nuovo fascismo» (copyright Vito Crimi), ieri hanno segnato un punto. Colpa di Lucio Barani, capogruppo di Ala – i senatori verdiniani – che non ha resistito alla tentazione del gestaccio volgare e sessista nei confronti della collega 5 stelle Barbara Lezzi. E per quelli che si fossero distratti, ci ha pensato la senatrice Paola Taverna a mimare la fellatio dando a Barani del «porco maiale». Sempre i grillini accusano un altro verdiniano, Vincenzo D’Anna, di aver indicato le parti basse (come i tifosi allo stadio) per schernire chi attaccava Barani. «Sono loro – si difende D’Anna – ad avere scatenato una gazzarra».
Tutti contro tutti insomma, in un caos che ha costretto la presidenza a a spostare a oggi il voto sull’articolo 2 del ddl (quello sull’elettività dei consiglieri-senatori). (Francesco Bei, la Repubblica)
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ROMA «Non parlo, non dico niente...».
È stato un gesto osceno.
«Ma no... hanno visto male, c’è un equivoco...».
Non c’è equivoco, senatore Barani: lei ha proprio mimato quella roba lì.
«Sono stato frainteso. Erano gesti istintivi...» (il capogruppo dei verdiniani di Ala parla con voce incerta e cammina veloce, sta lasciando Palazzo Madama e ha il viso rosso come la cravatta, come il garofano da socialista che porta infilato nell’occhiello della giacca. Suda, gli occhiali sono appannati, i capelli appiccicati).
«Ho solo rivolto la mano verso la mia bocca per invitare tutti ad ingoiarsi i fascicoli che agitavano contro il mio collega Falanga...» (spiegazioni che ripeterà anche due ore dopo, con un comunicato ufficiale).
Va via, non rientra nell’emiciclo.
Seduta sospesa.
Due commessi alzano di peso la senatrice grillina Paola Taverna. «Ndo’ sta quello zozzone? A zozzooo! Barani sei un porco maiale zozzo!».
È stata lei, per prima, a denunciare ciò che era appena accaduto in aula. Ha preso il microfono. «Il senatore Barani ha fatto un gesto indirizzato alla collega Lezzi... Mi vergogno anche a rifarlo quel gesto...». Ma in tanti hanno visto il senatore che stava lì, in piedi, nel gruppetto dei verdiniani, con Ciro Falanga che aveva appena finito di parlare, un intervento a titolo personale, fuori protocollo, che aveva quindi fatto infuriare le opposizioni.
I verdiniani, in queste ore, sono tutti un po’ tronfi, fanno un po’ i gradassi: l’idea d’essere considerati le truppe speciali del governo, li eccita ed esalta e il loro capo, Denis Verdini, che queste cose le sa fare, le fa da anni, e sa che si fanno in silenzio, tenendo un profilo basso, è invece l’unico ad avere il broncio, a essere accigliato e infastidito.
Ma va così: e Lucio Barani era proprio lì, in mezzo al gruppetto che se la rideva delle proteste di mezza aula. Ma ridere dev’essergli sembrato poco. Così ha alzato la mano destra e ha fatto quello che ha fatto.
«E guardava diritto nei miei occhi. Ne sono certa: ce l’aveva con me».
La senatrice del M5S Barbara Lezzi, 43 anni, al quinto mese di gravidanza, da Lecce: alta, bionda, coinvolta due anni fa in un piccolo caso di «parentopoli» grillina.
«Un gestaccio schifoso: Barani ha portato prima la mano alla bocca e poi l’ha abbassata giù.... e non solo...».
Cos’altro, senatrice?
«Rideva. Quello sfrontato, rideva».
Adesso lei...
«Adesso, niente. Deve chiedermi scusa, punto e basta. Noi stiamo qui a parlare di Costituzione, stiamo decidendo cose importanti e quello che fa? Siccome noi protestiamo, mi offende trattandomi come...».
La senatrice parla e tra i suoi colleghi maschi – di ogni partito, grillini a parte – non sono pochi quelli che hanno messo su sorrisini ironici, c’è qualcosa di sgradevole nell’aria, si ragiona tra sincera indignazione e penose allusioni.
Arriva Stefano Esposito del Pd, che due giorni fa ha bestemmiato nell’aula Giulio Cesare del Campidoglio (è anche assessore alla Mobilità del Comune di Roma) e dice che «è inaccettabile accadano certe cose nelle aule parlamentari». Riferiscono: il ministro Maria Elena Boschi è furibonda. Anna Bonfrisco, ex socialista e capogruppo di Conservatori e Riformisti (i fittiani, per capirci) conferma: «Sì, in aula ho urlato a Barani di togliersi il garofano, ché i socialisti si rivoltano nella tomba».
Cronisti volenterosi indagano sul passato di questo Barani.
Quand’era sindaco di Aulla, in Lunigiana, candidò il paesino alle Olimpiadi (al Coni pensarono bene di smentire chiamando l’Ansa), istituì un assessorato al malocchio (ti spediva da una maga in mezzo ai monti), aprì un casinò dove invece dei soldi vincevi pasta e salami: medico, votato dal 75% della popolazione, si definiva «tombeur di marmo» e «guerrigliero di Craxi». Al leader socialista consegnò la cittadinanza onoraria di Aulla nel corso di una visita ad Hammamet: al ritorno, il prefetto di Massa Carrara fu costretto a sospenderlo dall’incarico perché non si concedono cittadinanze onorarie ai ricercati. Ai funerali di Craxi fu l’unico sindaco d’Italia presente con la fascia tricolore. Poi tornò in paese e fece erigere due monumenti: uno dedicato a «Bettino, statista esule e martire» e uno, accanto, a tutti i caduti di Tangentopoli.
Dopo essere stato anche sindaco di Villafranca, arriva alla Camera nel 2006 con un listone Dca-Nuovo Psi, poi aderisce al gruppo Dc-Nuovo Psi: quindi Berlusconi lo candida tra i suoi e lo porta qui, al Senato.
Verdini lo convince a guidare il suo nuovo gruppo perché un capogruppo, formalmente, bisogna comunque averlo: ma adesso è prudente evitare di andare da Verdini e chiedergli di Barani. Certe volte Verdini non parla, ruggisce.
Paolo Romani (capogruppo FI), saggiamente, suggerisce che alla ripresa dei lavori Barani non si faccia trovare al suo posto. La vice-presidente vicaria del Senato, Valeria Fedeli, Pd, dice che «questa storia offende anche tutti gli uomini, non solo le donne». Passa la leghista Erika Rossi e scioglie gli ultimi dubbi sul gesto di Barani: «Ha proprio fatto... prima così... e poi così... uno sporcaccione con i fiocchi». Aldo Di Biagio (Alleanza popolare): «Su... ha mimato una fellatio».
La Taverna non si da pace: «Ma hai capito quello zozzone? Ma una donna come deve sentirsi, eh? Ndo’ stai, Barani? Baraniii! A zozzo!».
Barani è andato via e spedisce un comunicato: «...Se nella concitazione del momento, certi gesti istintivi possono essere stati interpretati in maniera offensiva, mi scuso soprattutto con le colleghe che hanno avvertito tali gesti come rivolti nei loro riguardi».
Il presidente Pietro Grasso rientra in aula e annuncia che della vicenda si occuperà «l’ufficio di presidenza».
Barani rischia dal semplice richiamo all’interdizione, non superiore ai dieci giorni, dai lavori dell’aula (cioè, non rischia niente).