La Stampa, 4 settembre 2015
Lo stadio semivuoto, l’avversario scarso, il gol dubbio: mette il magone la vittoria per 1-0 dell’Italia di Conte. A conferma, una volta di più, casomai ce ne fosse bisogno, che l’attuale povertà del nostro calcio non è un’opinione: e che il sedicesimo posto nel ranking mondiale non è approssimato per difetto
L’avversario era Malta. Lo stadio semivuoto, a dispetto delle truppe cammellate. Chi ha memoria aveva già la sua brava dose di magone, perché il 3 settembre è il giorno in cui se n’è andato l’azzurro limpido di Gaetano Scirea. Chi non ha una pietra al posto del cuore ha vissuto il minuto di silenzio con quel bimbo annegato davanti agli occhi. Che Italia sarebbe servita per riscaldare gli animi? Di Rivera e Riva, di Tardelli e Paolo Rossi, di Meazza e Piola?
Di sicuro non questa. Che alla fine la partita l’ha vinta, e ha pure il diritto di celebrarla visto che è la prima dell’anno. Ma ha confermato una volta di più, casomai ce ne fosse bisogno, che l’attuale povertà del nostro calcio non è un’opinione: e che il sedicesimo posto nel ranking mondiale non è approssimato per difetto. L’ha risolta Pellè, come già all’andata, il migliore degli azzurri, grazie a una coproduzione: il bel cross di Candreva, l’uscita a vuoto del portiere, il regalo di arbitro e assistente che hanno prima ignorato un fallo di Verratti nella fase iniziale dell’azione e poi la sbracciata vincente del centravanti. Arbitraggio decisamente casalingo, ma vittoria meritata e ci mancherebbe altro. Nessun vero passo avanti sul piano del gioco, e fieri dubbi in particolare sull’assetto di centrocampo. Non è un caso che il momento migliore sia arrivato con l’uscita del deludente Bertolacci, rimpiazzato da Parolo, e poi con l’ingresso di Candreva.
A risollevare lo spirito non ha certo contribuito la voce stanca, consunta, di Giovannino Trapattoni, al debutto da telecronista di complemento. Anzi, ha finito per aggiungere magone a magone, perché il vero Trap era quello che fischiava e straripava, che affrontava di petto uomini e situazioni, si chiamassero Pelé da marcare in campo, o Berti da marcare fuori campo, o Strunz da giubilare in mondovisione. Non questo che esala a fatica i suoi incoraggiamenti alla squadra tenendosi ben alla larga da qualsiasi accenno critico e sempre, e soltanto, sottolineando quel poco che funziona. È parco anche di strafalcioni, il vecchio Trap: un congiuntivo da brividi in apertura e davvero poco altro. Giusto quarant’anni fa di questi tempi aveva debuttato sulla panchina del Milan. Dopo quel po’ po’ di carriera avrebbe potuto regalarsi un tramonto meno malinconico.