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 2015  settembre 04 Venerdì calendario

La parata di Xi, un defilé bellico per mostrare agli Usa la collezione di armamenti cinesi. Un’esibizione di potenza che però è cominciata con un discorso apparentemente pacifista: ha promesso che «la Cina non cercherà mai egemonia o espansione, non infliggerà mai a nessun’altra nazione la sofferenza che ha patito in passato». E poi: «Pechino ridurrà di 300mila unità le sue truppe». Ma quello che Xi non dice è che ogni anno aumenta la spesa per la difesa: in media del 10% all’anno. Significa che Pechino punta su meno manovalanza inutile a terra e maggiore tecnologia

Sulla tribuna della Porta della Pace Celeste, proprio sopra il ritratto di Mao, il presidente cinese Xi Jinping si è affacciato alle 10 del mattino, subito dopo che alle sue spalle, nella Città Proibita, i cannoni avevano sparato a salve 70 colpi, tanti quanti sono gli anni trascorsi dalla fine della Seconda guerra mondiale anche nel Pacifico. E quei cinque minuti di boati cupi che hanno fatto immaginare l’angoscia di un cannoneggiamento prolungato su città o trincee, alla fine sono stati l’unico tempo di commozione e memoria vera.
Sotto, lungo il viale Chang’an (Lunga Pace), erano schierati 12 mila soldati e 500 carri armati, missili, droni trasportati da camion: la grande parata per la «Vittoria contro l’aggressione giapponese e nella guerra antifascista» con la quale la Repubblica popolare e il Partito comunista, settant’anni dopo, rivendicano un ruolo chiave trascurato dall’Occidente. Un’esibizione di potenza che però è cominciata con un discorso diverso, apparentemente pacifista: Xi ha promesso ieri che «la Cina non cercherà mai egemonia o espansione; non infliggerà mai a nessun’altra nazione la sofferenza che ha patito in passato». E subito l’annuncio a sorpresa: «Compagni e amici, io qui vi dico che l’Esercito popolare di liberazione ridurrà di 300mila unità il numero delle sue truppe».
Ma poi la prova di forza bellica, con la recita personale di un nuovo imperatore. Xi Jinping, oltre che segretario generale del Partito comunista e capo dello Stato, è presidente della Commissione centrale militare che controlla i 2,3 milioni di soldati della Cina. Passando in rassegna i reparti allineati sul viale, dalla sua auto scoperta di marca «Bandiera Rossa», Xi ha gridato più volte: «Soldati, avete fatto un buon lavoro!». La risposta degli uomini chiusi nei loro elmetti è stata un’esplosione: «Comandante, servire il popolo!». Sul volto di Xi una sorta di serenità distaccata, ad esprimere la sicurezza che gli onori riservatigli dalle truppe gli siano dovuti, come a un nuovo imperatore o a un secondo Mao (e ieri indossava la giacca alla Mao).
Nel cielo sopra Pechino, incredibilmente blu grazie alla chiusura per settimane di migliaia di fabbriche che ha abbattuto l’inquinamento, sono sfrecciati i primi dei 200 caccia e bombardieri mobilitati per la parata. I 12 mila soldati hanno marciato con passi sincronizzati alla perfezione, studiati in mesi di addestramento: li abbiamo visti finire le ultime prove poco dopo l’alba in piazza Tienanmen, sudati, inespressivi.
Sembravano quasi un corpo solo, figurine uscite da un videogioco. Sono scorsi via veloci con un rumore di stivali chiodati, seguiti dai mezzi: quei carri armati visti a Tienanmen riportano ai giorni del massacro che schiacciò la speranza di libertà degli studenti nel 1989. Ed è per questa memoria di Tienanmen che quasi tutti i capi di Stato e di governo delle democrazie hanno declinato l’invito, facendosi rappresentare da diplomatici (per l’Italia era presente il ministro degli Esteri Gentiloni: in missione pragmatica ha detto: «Noi siamo per la riconciliazione in Asia e nel Pacifico, sarebbe irrealistico isolare la Cina»). Trasportati su enormi camion sono arrivati i missili, alcuni capaci di colpire a duemila km di distanza le portaerei americane: sono i Dongfeng 21-A, detti killer; altri con un raggio che porta a tiro le basi Usa, fino a Guam. Non erano mai stati mostrati in pubblico: quindi un monito agli Stati Uniti, che Xi visiterà tra due settimane.
Ultimi a passare 70 elicotteri in formazione compatta: l’effetto ricordava la scena famosa di Apocalypse Now. Ma un attimo dopo il finale è stato un volo di 2.500 colombe di pace e migliaia di palloncini colorati.
Xi Jinping dunque promette di ridurre di 300 mila unità l’organico delle forze armate, circa un 13% di militari in meno, ma contemporaneamente Pechino continua ad aumentare la spesa per la difesa: in media del 10% all’anno. Significa che la Cina punta su meno manovalanza inutile a terra e maggiore tecnologia, soprattutto per la Marina, che ha appena mandato navi a mostrare la bandiera al largo dell’Alaska americana. Sulla tribuna d’onore, Xi aveva a un lato il russo Putin, isolato dall’Occidente, ma dall’altro la presidentessa sudcoreana Park, con la quale sta stringendo una nuova relazione pacifica.
Una parata con caratteristiche cinesi e con pubblico selezionato e «anestetizzato»: la folla dei pechinesi comuni è stata tenuta alla larga in una città che ha vissuto la festa sotto legge marziale.