Corriere della Sera, 28 agosto 2015
«Senza insicurezza non c’è evoluzione». Così Malika Ayane trasforma le lacrime versate in disciplina, l’incoscienza in coraggio, la vita in un successo. La giovane cantante racconta i suoi esordi, la sua carriera e la sua vita da mamma: «Ma non mi è mai piaciuto pensare che prima ti devi realizzare nel lavoro e dopo nella famiglia: per me è come a scuola, devi avere otto in tutte le materie»
Quando aspettava sua figlia, Malika Ayane aveva 21 anni e la gente le ripeteva che la sua esistenza, da quel momento, si sarebbe annullata. «Un ricatto costante che mi ha resa più agguerrita. La vita, per fortuna, mi ha dato ragione». Passati dieci anni, questa ragazza dalla voce allegra (quando parla) e intensissima (quando canta) è diventata una cantante di successo, una moglie innamorata oltre che la mamma, appunto, di una «ragazzina con un carattere che ammiro. E mi diverte che sia già abbastanza grande per venire ai miei concerti. Forse sono stata avida: ho voluto tutto e subito. Ma non mi è mai piaciuto pensare che prima ti devi realizzare nel lavoro e dopo nella famiglia: per me è come a scuola, devi avere otto in tutte le materie».
È vero, ammette, «a 20 anni raramente si pensa a diventare genitore: non hai ancora iniziato a capire di cosa è fatta la vita. Ma è anche un’età in cui l’incoscienza si trasforma in coraggio e affronti ogni cosa con meno difficoltà». Lei ci è riuscita. Certo, «cambiavo pannolini mentre i miei amici facevano gli interrail. Ma credere che se fai un figlio giovane è perché sei rimasto fregato è un cliché: io ero innamorata». In quel periodo «facevo cocktail nei locali e andavo a suonare con delle band per divertirmi». Non male per una che oggi si è preparata a un imponente tour, che la sta portando in giro da mesi: «Sul palco sono felice e il mio scopo diventa rendere felice chi è lì, davanti a me».
Eppure per molto tempo il pensiero di diventare famosa non l’ha sfiorata: «Non ho mai avuto l’ossessione per la celebrità. Stavo bene quando suonavo e cantavo, quindi lo facevo». Portando avanti, nel frattempo, la sua vita: «Mi hanno sempre spaventata quelli che vanno a fare piano bar pur di non cercare un altro lavoro. Ho il terrore che scelte simili portino a vivere la musica con frustrazione».
Niente è cambiato nemmeno quando è stata scelta per cantare dei jingle pubblicitari: «Il primo mentre ero incinta. Ho così iniziato a lavorare nell’agenzia che mi aveva contattata: mi pagavano per ascoltare musica... mi sembrava un ottimo piano b».
Uscire dall’angolo
La fama è stata dunque una sorpresa: «Vedere la vita con meraviglia conviene. Quando si è abbruttiti dall’esistenza non si combina mai niente e ci si tira addosso la carogna degli altri. Si diventa anche brutti fisicamente, tra l’altro».
La bellezza. «Per le donne è facilissimo sentirsi messe nell’angolo. Mi è capitato anche di recente. Il marito – tutt’altro che in forma – di un’amica mi ha detto: certo che qualche anno fa sì che eri magra. Mi ha distrutta. Pensavo: ma come, mi ammazzo di palestra, nuoto, mangio sano... poi ci ho pensato e mi sono detta: ma pensa te, è un uomo con una panza tale che non si vede i piedi e gli permetto di ferirmi così?». La verità è che «le donne sono sempre sottoposte a un giudizio estetico, ne siamo schiave». Al contempo però «mi dà anche fastidio che un’astronauta donna diventi il modo per discriminarne altre che nella vita scelgono di puntare sulla bellezza. Sento dire: finalmente una che ha dei contenuti, non come quella modella o showgirl... Ma perché con lo sportivo e lo scienziato questa riflessione non si fa?».
Dell’importanza, spropositata, che può assumere l’immagine se ne era già accorta. Come quando ha scelto, adulta, di mettere l’apparecchio ai denti: «Prima del Festival di Sanremo mi avevano chiesto di toglierlo: mancava un mese alla fine della cura, dopo due anni. Ho rifiutato: perché le labbra rifatte sì e l’apparecchio no?». Perché? «Il timore era che si parlasse più di quello che della mia canzone. Adesso mi fermano ragazzini e adulti con la bocca piena di ferro. Siamo una setta», ride.
Ma anche questo le ha fatto realizzare «la portata della popolarità. È bello utilizzarla per dare messaggi importanti, ma non sempre si è dell’umore. Spesso mi terrorizza dover pensare otto volte a come vestirmi prima di uscire di casa perché se mi fanno una foto seguirà un giudizio su di me».
Usare l’equilibrio
Per sopravvivere, serve «equilibrio. Una volta compreso che anche se mi limo un’anca nella taglia 38 non entro, cerco semplicemente di fare del mio meglio. Mi alleno, mangio sano. Lo faccio perché trovo sbagliato anche l’orgoglio dell’imperfezione quando vuol dire che non stai tutelando la tua salute fisica e mentale». E questo cerca di insegnare anche a sua figlia. Ne vorrebbe altri? «Mi piacerebbe adottare. Ci sono così tanti bambini soli al mondo che non credo serva un altro figlio con il mio dna. So che è un processo difficile in Italia, ma non c’è niente da perdere nel mettersi lì e provare». È già in una fase operativa? «Finalmente è arrivato il consenso del marito dopo anni, quindi ora si inizia».
Dei suoi genitori, invece, non ama parlare. Ne rispetta la riservatezza. Dice solo: «Il limite tra diventare un’artista sufficientemente concreta e finire in stazione a raccogliere monete è labile. Se ce l’ho fatta dipende da quanto sono stati bravi loro a tirarmi su».
Il padre le ha regalato origini marocchine: «È folle che molti pensino che il dramma della migrazione sia una prerogativa di chi, come me, ha origini straniere: alla conferenza stampa di Sanremo, quando c’era stato un terribile naufragio, i giornalisti hanno chiesto un’opinione solo a me».
Essere pazienti
Per fortuna ha dalla sua «una gran dose di pazienza». Che è poi la sua forza, unita alle regole, come quelle che le sono state date in otto anni di conservatorio e Scala: «Nell’adolescenza è fondamentale averne. Se il mio maestro di canto alla Scala non mi avesse mandata a casa piangendo per anni, probabilmente oggi sarei una di quelle che urlano nel microfono. La disciplina fa solo bene: senza l’insicurezza non c’è evoluzione».