Il Sole 24 Ore, 11 agosto 2015
In Turchia sembra di essere tornati agli anni’70, prima del terzo colpo di stato dei militari. L’attentato di Istanbul al consolato americano è stato rivendicato dal gruppo marxista Dkpc, Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo. Erdogan, con la sua politica filo-islamica, è riuscito nel miracolo di resuscitare un tipo di terrorismo ideologico di sinistra debellato nel resto del mondo occidentale. Ma soprattutto, attaccando i curdi del Pkk, ha affossato il cessate il fuoco e ogni tentativo possibile di trattativa
Che cosa accade lungo l’arco della crisi del Levante, tra Turchia, Iraq e Siria? È in corso il conflitto più esteso da decenni alle porte della Nato, in Medio Oriente, una resa dei conti etnica, politica, settaria, simile a quella dei Balcani ma insanguinata anche dal petrolio, in cui nessun colpo basso è escluso e nessuno degli attori è innocente, neppure l’Occidente che accelerando la guerra al Califfato non ha ancora chiaro quale sarà la sorte di intere nazioni.
Washington, dopo l’accordo sul nucleare a Vienna con l’Iran, persegue una politica di bilanciamento delle forze nella regione che intende evitare ai marines di mettere gli stivali sul terreno in Iraq e in Siria ma che presenta seri rischi di deragliamento. Gli alleati non sono così affidabili e non sempre i nemici sono gli stessi o quelli dichiarati.
In Turchia, membro storico dell’Alleanza, sembra di essere tornati agli anni’70, prima del terzo colpo di stato dei militari. L’attentato di Istanbul al consolato americano è stato rivendicato dal gruppo marxista Dkpc, Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo.
Erdogan, con la sua politica filo-islamica, è riuscito nel miracolo di resuscitare un tipo di terrorismo ideologico di sinistra debellato nel resto del mondo occidentale. Ma soprattutto, attaccando i curdi del Pkk, ha affossato il cessate il fuoco e ogni tentativo possibile di trattativa. La sua guerra all’Isis, con cui è stato imbarcato dagli americani con squilli di tromba, si sta risolvendo prima di tutto in una guerra ai curdi, fino a ieri applauditi come l’eroica fanteria anti-Isis. La Turchia, che Erdogan ha trasformato da bastione secolarista della Nato in un misto di ambizioni e paure, teme più del diavolo jihadista la possibilità che i curdi costituiscano uno stato ai suoi confini. L’obiettivo di Erdogan è chiaro. Se falliranno i negoziati per un governo di coalizione, si andrà ad elezioni anticipate con uno scopo preciso: vendicarsi della sconfitta elettorale di giugno facendo fuori il partito filo-curdo Hdp dal Parlamento, dove si oppone a ogni progetto presidenzialista del leader turco. L’Hdp di Salahettin Demirtas non ha reciso i legami con il Pkk, gruppo considerato terroristico: la mancata condanna delle violenze del Pkk rischia di alienare all’Hdp il consenso interno che gli aveva permesso di superare lo sbarramento del 10 per cento. Ed è esattamente quello che vuole Erdogan: mettere i curdi spalle al muro.
In difficoltà è anche un altro fronte, quello di Massud Barzani, leader del Kurdistan iracheno. Esporta 600mila barili di petrolio al giorno in Turchia ed è in rotta con il governo di Baghdad sulla spartizione delle entrate. Oltre alla Siria, anche l’Iraq si sta frantumando: non è la migliore delle premesse all’offensiva progettata dagli americani per riprendere Mosul dal Califfato. Lo stesso Barzani è ai ferri corti con il Pkk che ha i suoi santuari sulla montagna di Qandil.I curdi sono ancora una volta vittime delle loro divisioni.
Ma è in Siria che dobbiamo aspettarci il peggio. Il Fronte Al Nusra, ramo siriano di Al Qaeda, si sta ritirando dal Nord, ufficialmente per non collaborare con le forze turche che intendono cerare una “fascia di sicurezza”. In realtà l’impressione è che grazie ai patti tra Erdogan e il re saudita Salman si sia arrivati a un’intesa con gli islamisti radicali. Anche i jihadisti, quelli “buoni”, cioè alleati delle potenze sunnite, entreranno nella spartizione della Siria. E se questi saranno i risultati della lotta al Califfato, il futuro del Levante e dell e sue minoranze verrà consegnato a un destino fatale.