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 2015  agosto 04 Martedì calendario

Hong Kong, dimenticate gli ombrelli ora in piazza scendono i reggiseni. Tutto è nato da un tafferuglio durante una manifestazione, quando una trentenne viene buttata in terra da un poliziotto che le avrebbe anche toccato il seno. In sede processuale però il giudice rigira l’accusa contro di lei sostenendo che aveva «usato la sua identità femminile per colpire l’agente inventandosi l’accusa che il funzionario l’aveva molestata». Peccato che nei filmati si veda la ragazza rialzarsi con il naso rotto sotto gli occhi del poliziotto indenne. Tanto è bastato per riaccendere la miccia dei movimenti e per far sì che uomini, donne e bambini sfilassero in una «passeggiata dei seni» sotto la sede della polizia, mettendo bene in mostra l’arma del delitto

Dimenticate gli ombrelli. Il nuovo simbolo dell’Hong Kong che resiste alla sinizzazione sono i reggiseni. Così quasi duecento persone si sono riversate nelle strade gridando “il seno non è un’arma”. A questi si sono aggiunti centinaia di utenti che hanno espresso la loro solidarietà online trasformando seni e reggiseni in meme per chi sostiene l’indipendenza giuridica dell’ex colonia britannica.
Ma andiamo con ordine. A marzo, una trentenne che risponde al nome di Ng Lai-Ying aveva partecipato a una protesta contro il commercio transfrontaliero, una polemica che ha valso ai cinesi continentali il nomignolo di “cavallette” e che va avanti da diversi anni. Gli hongkonghesi sono stufi di essere invasi da orde di cinesi che comprano i prodotti senza Iva o di migliore qualità per poi rivenderli nella Cina continentale. Si oppongono con manifestazioni pacifiche che ogni tanto sfociano in tafferugli e denunce. Durante quella di marzo, Ng Lai-Ying era stata presa alle spalle da un poliziotto e buttata a terra.
In sede processuale aveva accusato quest’ultimo di averle toccato il seno, ma il giudice aveva rigirato l’accusa contro di lei sostenendo che aveva “usato la sua identità femminile per colpire l’agente inventandosi l’accusa che il funzionario l’aveva molestata”. Peccato che nei filmati della manifestazione si veda la ragazza rialzarsi con il naso rotto sotto gli occhi del poliziotto indenne.
Tanto è bastato per riaccendere la miccia dei movimenti. In pochi giorni opinione pubblica e una decina di gruppi “pro democrazia” hanno organizzato una “passeggiata dei seni” di fronte alla sede della polizia. Uomini e donne, vecchi e bambini hanno messo in mostra “l’arma del delitto” incorniciata nella più varia biancheria intima. La protesta ha risvegliato la polemica su quanti spazi di libertà e di giustizia stia gradualmente perdendo Hong Kong che, restituita alla Repubblica popolare nel 1997, secondo la sua Costituzione dovrebbe mantenere il sistema economico e legale britannico fino al 2047.
Grazie a un cavillo però, a luglio dell’anno scorso, il Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo ha decretato che Hong Kong avrebbe avuto le prime elezioni a suffragio universale nel 2017 ma che si sarebbe potuto candidare solo “chi amava la Patria”, ovvero la Repubblica popolare. Da allora, complice il rallentamento economico e la disoccupazione giovanile, la situazione nell’ex colonia britannica si è fatta incandescente. I movimenti denunciano che il potere giudiziario si stia piegando a quello esecutivo e che quest’ultimo sia oramai solo espressione delle volontà di Pechino. E i vertici della Repubblica popolare non perdono nemmeno più tempo per convincerli del contrario.
La priorità è quella di mantenere l’ordine e di evitare che si ripeta la situazione dello scorso settembre quando le proteste contro Pechino avevano bloccato la città per settimane. Allora c’erano gli ombrelli per proteggersi dagli idranti della polizia, oggi i reggiseni per mettere in ridicolo lo stato di diritto con caratteristiche cinesi.