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 2015  luglio 30 Giovedì calendario

Tra i quattro italiani in gara al Festival di Venezia c’è l’esordiente Piero Messina, già assistente di Paolo Sorrentino. «Da lui ho imparato a gestire la tensione e le pressioni sul set». Il suo film, “L’attesa”, con Juliette Binoche, ha per protagoniste due donne che aspettano il ritorno di un uomo, una è la madre, l’altra la fidanzata: «Racconto la condivisione di un desiderio e il diverso modo di amare la stessa persona»

Il primo «in bocca al lupo» è arrivato da Paolo Sorrentino, al quale ha fatto da assistente sul set di This Must be the place e La grande bellezza. E ora Piero Messina, siciliano di Caltagirone, classe 1981, regista del film L’attesa e unico esordiente dei quattro italiani in concorso, si prepara al battesimo di fuoco. «Sono molto felice ma senza esaltazione, credo di aver razionalizzato», spiega Messina, che ha all’attivo alcuni corti premiatissimi. «Mi emoziona l’idea di trovarmi in gara con giganti come Sokurov, protagonista della mia tesi di laurea al Dams, e con Bellocchio, mio ex professore al Centro Sperimentale».
Interpretato dal premio Oscar Juliette Binoche, dalla giovane attrice francese Lou de Laâge e da Domenico Diele, girato nel Ragusano e prodotto da Indigo, il film ha per protagoniste due donne che aspettano il ritorno di un uomo: una è la madre, l’altra la fidanzata. «In un clima di suspence psicologica, L’attesa (nelle sale il 17 settembre con Medusa) racconta la condivisione di un desiderio e il diverso modo di amare la stessa persona», spiega Messina.
Com’è riuscito ad assicurarsi un’attrice premio Oscar?
«In maniera semplice e, direi, tradizionale. Ho mandato la sceneggiatura all’agente di Binoche e immediatamente sono stato convocato a Parigi: l’attrice voleva conoscermi».
E le ha detto sì al primo incontro?
«Abbiamo passato una giornata insieme a casa sua e l’ho trovata preparatissima sui miei corti. Mi ha fatto mille domande sul mio modo di lavorare e ci siamo trovati d’accordo su tutto. Ci siamo rivisti poi in Sicilia».
Cosa ha imparato da Sorrentino?
«A gestire la tensione e le pressioni sul set».
Ma dal punto di vista stilistico pensa di essere stato influenzato dal regista premio Oscar?
«No, anche se entrambi riserviamo una grande attenzione all’aspetto visivo e abbiamo una dimensione pittorica. I miei autori di riferimento sono Sokurov a Tarkowski».
In che misura si sente parte del nuovo cinema italiano?
«Non parlerei di nuova generazione ma di voci innovative: Alice Rohrwacher, lo stesso Sorrentino, Garrone».
E quanto è difficile girare un film drammatico nel cinema delle mille commedie?
«So di essere un’eccezione, ma non è stato difficile trovare un produttore appassionato come Nicola Giuliano. Le buone storie finiscono sempre per imporsi».
Con chi andrà a Venezia?
«Da solo. La mia compagna proprio nei giorni della Mostra partorirà il nostro secondo figlio».
Non resta che augurare a Messina, l’oggetto misterioso della Mostra, un doppio «in bocca al lupo».