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 2015  luglio 29 Mercoledì calendario

Partecipate, ecco le 7 Regioni che affossano i conti pubblici. La Corte dei conti lancia l’allarme: dal Lazio alla Campania, i bilanci sono in rosso. Nella sola Sicilia le perdite sfiorano i 120 milioni

La Corte dei conti mette il dito nella piaga: le Regioni sono in profondo rosso anche a causa delle partecipate. In un relazione appena sfornata i magistrati contabili mettono la maglia nera a sette Regioni: Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria e Sicilia. Regioni dove lo squilibrio tra utili e perdite è fortissimo. La Sicilia detiene il record negativo con 117 milioni di perdite e 36 di utili. Nella relazione si legge: «Nel totale degli organismi osservati, prevalgono le perdite sugli utili, in misura consistente, nell’Umbria (con perdite pari a 44,3 contro i 23,1 milioni di utile), nel Lazio (rispettivamente, 54,8 contro i 32,7 milioni di utile), Abruzzo (rispettivamente, 43,6 e 6,2 milioni), Molise (rispettivamente, 43,5 milioni e 315 mila euro), Campania (rispettivamente, 57 e 26,1 milioni), Calabria (rispettivamente, 15,4 milioni su 998 mila euro). Il divario più forte si registra in Sicilia (perdite pari a 117 milioni contro i 36 milioni di utili)».
Le partecipate sono aziende in cui la Pubblica amministrazione detiene delle quote e si tratta di una vera e propria foresta inestricabile tanto che il numero esatto spesso non si conosce. Lo stesso Cottarelli, l’uomo della spending review, scrisse: «Non si conosce il numero esatto delle partecipate perché non tutte le amministrazioni locali forniscono le informazioni richieste e perché le banche dati esistenti si fermano ad un certo livello di partecipazione (diretta, indiretta di primo livello, eccetera)» (sic). È noto, invece, che moltissime sono in perdita; che spesso svolgono attività che poco hanno a che fare con la funzione pubblica; che rappresentano uno sperpero enorme di denaro pubblico. Nella relazione si legge: «Dall’esame degli elementi relativi agli organismi oggetto dell’indagine risulta che quelli operanti nei servizi pubblici locali sono numericamente limitati (il 35,72% del totale). La maggioranza (il 64,28%) si colloca, invece, nelle diversificate attività definite come “strumentali”».
La Corte dei conti spiega: «Nel sistema Siquel, al 19 giugno 2015, risultano censiti 7.684 organismi, di cui 6.402 in attività (la restante parte è costituita da enti cessati o in liquidazione)». E che molte di queste società siano delle idrovore di soldi dei cittadini lo dice la stessa Corte: «L’indagine si focalizza sugli organismi di cui sono presenti a sistema i bilanci relativi all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2013. L’analisi consente di rilevare la carenza di dati di bilancio per un numero consistente di organismi (2.724), di cui soltanto una parte sono cessati o in liquidazione». Alla faccia della trasparenza.
L’analisi si restringe quindi alle 4.935 partecipate con i dati di bilancio del 2013 ma anche considerando le società che hanno i bilanci a posto c’è da mettersi le mani nei capelli. Fino ad oggi, per esempio, c’erano società composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti. Da domani non potrà più essere così perché la legge di stabilità del 2015 ne dispone la soppressione immediata.
Le partecipate sono di fatto degli «stipendifici». I magistrati contabili, però, lo dicono con belle parole: «Emergono valori medi più elevati di incidenza del costo del personale sul costo della produzione negli organismi a totale partecipazione pubblica (28,28%)». E ancora: «Evidenze contabili confermano che il costo del lavoro assume un peso determinante sull’intero costo della produzione ed è in grado di condizionare il rendimento degli altri fattori della produzione».
Da tempo si dice di voler mettere ordine in questo guazzabuglio delle società partecipate ma la Corte denuncia: «I piani di razionalizzazione delle partecipate, previsti dalla legge di Stabilità, sono stati presentati da oltre la metà degli enti» di Lombardia, Umbria, Toscana, Marche, Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna, Abruzzo e Veneto, mentre percentuali più basse si riscontrano nelle altre Regioni.
Ma non ci sono soltanto le Regioni a sperperare soldi pubblici con le partecipate. Anche gli altri enti territoriali più piccoli, come i Comuni, hanno quote di società: (Soltanto) «il 17,55% dei Comuni (1.414 su 8.057) «non risulta in possesso di partecipazioni in società/organismi». E dire che Renzi, il 18 aprile 2014 twittava: «#municipalizzate: sfoltire e semplificare da 8.000 a 1.000».