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 2015  luglio 28 Martedì calendario

Alleanza liberal democratica popolare e autonomie, il nome raccapricciante del nuovo gruppo di Denis Verdini e la confusione che regna al suo interno. L’unica cosa certa è che resterà all’opposizione. E, alla fine, a cavarci d’impiccio è il solito impagabile D’Anna: «Chissà, magari con dieci voti aiutiamo Renzi a fare a meno di dieci rompicoglioni che ha a sinistra...»

Tutto il diabolico e il sulfureo è niente davanti al raccapriccio provocato dal nome: Alleanza liberal democratica popolare e autonomie. L’acronimo sarebbe Aldpa, chissà, e gli animatori del nuovo gruppo parlamentare, il trentesimo o giù di lì, sarebbero gli alleati liberal democratici eccetera. Ogni dettaglio sarà chiarito questo pomeriggio alle 15.30. Forse. Nel senso che il primo capogruppo al Senato degli alleati liberal democratici eccetera, che da qui in poi chiameremo verdiniani per semplificazione lessicale e politica, e cioè Lucio Barani, ci ha avvertito che la conferenza stampa di presentazione sarà oggi al Senato. Riccardo Mazzoni, altro senatore della partita, conferma l’orario delle 15.30 ma non sa dove. Il senatore Vincenzo D’Anna credeva che la conferenza stampa fosse domani e il senatore Antonio Scavone non sapeva ci fosse una conferenza stampa. (Alla fine è stata stabilita per domani alle 11). La partenza non parrebbe fra le più rassicuranti per il governo di Matteo Renzi, in soccorso del quale il gruppo viene al mondo, secondo i pettegolezzi più ovvi e dunque più pigri. È intanto una questione di contabilità, poiché una decina di senatori spostati dal centrodestra al centrosinistra sono un dosaggio di doping per l’esecutivo. La notizia, se vogliamo chiamarla così, è che Verdini è riuscito a radunare i dieci senatori utili per comporre il gruppo (ma si lavora per arrivare a dodici o tredici).
Sarebbe dunque tutto così ovvio e così pigro se ogni verdiniano non giurasse su ciò che ha di più caro che il gruppo rimane all’opposizione e per esempio, spiega Mazzoni, «non voterà la fiducia al governo». (Breve biografia di Mazzoni: pratese, 61 anni, giornalista, ex direttore del Giornale di Firenze, da due legislature parlamentare del Pdl, è d’animo socialista tendenza craxiana, amico da decenni di Verdini). D’Anna aggiunge che lui non voterà nemmeno la riforma del Senato, che non gli piace affatto come si è appreso da qualche dozzina di dotti e fastosi interventi d’aula (breve biografia di D’Anna: casertano, 64 anni, biologo, esordi democristiani, poi sempre con Berlusconi di cui oggi parla come di un uomo in preda a «difetto di testardaggine senile» a capo di «un piccolo partito di ragazzotti che gli funge da guardia pretoriana»; è cosentiniano nel senso che è amico dal 1985 di Nicola Cosentino il quale «ricordiamolo, sconta una carcerazione preventiva. Di condanne non ne ha avute»). A proposito di riforma del Senato: si viene a sapere che Verdini e quasi tutti i verdiniani la voteranno per motivi tattici, di modo che le asprezze fra renziani e sinistra del Pd diventino irrecuperabili e si favorisca «la nascita del partito della Nazione, un partito di moderati, riformisti, liberali che seppellisca questo orrido bipolarsimo».
Le accuse però tengono poco conto delle spiegazioni: i verdiniani sono per il mondo intero traditori e profittatori e pensano soltanto a portare in fondo la legislatura per ragioni di stipendio. In fondo lì dentro c’è di tutto, Barani è l’arcinoto ex sindaco di Aulla che voleva erigere una statua a Bettino Craxi e ancora oggi porta un garofano all’occhiello, Riccardo Conti è un bresciano ex e neo casiniano (ieri citava il suo pensiero come guida verso il nuovo gruppo), Giuseppe Compagnone è un lombardiano (nel senso di Raffaele Lombardo), Ciro Falanga è un fittiano che a differenza di Raffaele Fitto non vuole più saperne del centrodestra. Mazzoni, per esempio, non è ipocrita e sa che «nessun tacchino vuole finire in forno a Natale, ma vorrei ricordare che sono stato messo dal Pdl nella commissione Affari costituzionali come guardiano del patto del Nazareno; poi, di colpo, sono diventato complice di una deriva autoritaria. Eh no, io adesso quelle riforme le voglio». Pure Scavone dice che la sopravvivenza è «aspirazione di molti, forse di moltissimi, ma quanti gruppi sono stati fatti e disfatti in questa legislatura? Perché su di noi si abbatte con la violenza della bugia l’accusa di formare pattuglie di pronto soccorso?». E, alla fine, a cavarci d’impiccio è il solito impagabile D’Anna: «Chissà, magari con dieci voti aiutiamo Renzi a fare a meno di dieci rompicoglioni che ha a sinistra...».